IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

mercoledì 18 febbraio 2015

SPAZIO TEMPO & DISCREZIONE...


SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)


È DAVVERO DISCRETA LA STRUTTURA DELLO SPAZIOTEMPO?


Partendo da questa domanda gli scienziati potrebbero unificare la meccanica quantistica con la relatività generale. Infatti, secondo le attuali assunzioni su cui si basano i modelli della gravità quantistica, lo spaziotempo avrebbe una struttura granulosa, un pò come la sabbia costituita dai granelli.
Uno dei grandi problemi che emerge dalla gravità quantistica è che essa genera dei valori infiniti che non hanno significato fisico. Essi sono dovuti al fatto che quando vengono effettuate misure accurate su scale subatomiche, sono richieste energie elevate. Quando la scala diventa piccolissima, la densità di energia associata alla misura è così grande che potrebbe portare alla formazione di un buco nero, il che, paradossalmente, potrebbe rovinare a sua volta la misura che l’ha generato. Gli infiniti sono qualcosa che dà fastidio. La loro natura paradossale non solo li rende difficili da trattare nelle equazioni matematiche ma li rende anche difficili da riconciliare con la nostra attuale comprensione dell’Universo che, per quanto ne sappiamo, non ammette l’esistenza di qualche genere di paradosso. In tal senso, i fisici hanno inventato un modo di trattare gli infiniti, chiamato rinormalizzazione. In sostanza, i teorici assumono che lo spaziotempo non sia divisibile all’infinito ma che esista una scala minima oltre la quale niente può diventare ancora più piccolo: stiamo parlando della cosiddetta scala di Planck. Questo limite assicura che le densità di energia non diventeranno mai abbastanza elevate per formare i buchi neri. Ma questo equivale a dire che lo spaziotempo è discreto oppure, come direbbe un matematico, numerabile. In altre parole, è possibile associare un numero ad ogni volume discreto di spaziotempo rendendolo numerabile, come i granelli di sabbia sulla spiaggia o gli atomi nell’Universo. In questo modo, lo spaziotempo diventa interamente non più come quelle cose che non si possono numerare, come ad esempio le linee rette che sono infinitamente divisibili o i gradi di libertà nella teoria quantistica dei campi che costituiscono i mattoni fondamentali della fisica fondamentale. Questa proprietà dello spaziotempo di avere una natura discreta è certamente utile ma allo stesso tempo solleva una domanda importante: è davvero così? Può l’Universo essere veramente discreto al livello fondamentale, come una sorta di modello costruito al computer? Oggi, Sean Gryb un fisico teorico della Radboud University in Olanda, afferma che sta emergendo un approccio alternativo con una nuova formulazione della gravità denominata “dinamica delle forme”, una teoria della gravità che implementa ilprincipio di Mach. Secondo questa ipotesi, lo spaziotempo è continuo e non numerabile, un’idea che potrebbe avere ulteriori conseguenze per il modo con cui comprendiamo l’Universo. Questa nuova teoria si basa sul concetto di invarianza di scala: in altre parole, un oggetto, o una legge fisica, ha le stesse proprietà a dispetto della scala in cui viene osservato. Tuttavia, le attuali leggi della fisica non possiedono questa proprietà: ad esempio, la meccanica quantistica opera solamente alle scale più piccole, mentre la relatività generale è valida su scale più grandi. In questo modo, è facile vedere come l’invarianza di scala sia una proprietà a cui i teorici fanno l’occhiolino in quanto una descrizione dell’Universo basata su questa proprietà deve comprendere sia la meccanica quantistica che la relatività generale. “La teoria della dinamica delle forme fa proprio questo”, dice Gryb. Lo fa ignorando numerose caratteristiche ordinarie degli oggetti fisici, come ad esempio le loro posizioni nell’Universo. Invece, essa si focalizza sulle relazioni tra gli oggetti, come ad esempio gli angoli che essi formano e la forma che essi assumono (da qui il termine dinamica delle forme). Questo approccio porta immediatamente ad un quadro della realtà basato proprio sull’invarianza di scala. Gli angoli sono invarianti di scala dato che essi sono uguali a dispetto della scala a cui vengono osservati. Il nuovo modo di ragionare implica che l’Universo venga descritto come una serie di istantanee che mostrano la relazione tra gli oggetti. Il risultato è una invarianza di scala che è puramente spaziale. Ma questo, naturalmente, è molto diverso rispetto alla nozione più significativa di invarianza di scala dello spaziotempo. Dunque, una parte importante del lavoro di Gryb è quella di usare il concetto matematico della simmetria per dimostrare che l’invarianza di scala spaziale può essere trasformata in una invarianza di scala dello spaziotempo. In particolare, Gryb dimostra esattamente come questo lavoro sia valido in un Universo chiuso ed in espansione, dove le leggi della fisica sono le stesse per tutti gli osservatori inerziali e per cui la velocità della luce è finita e costante. Se queste due ultime condizioni sono familiari è perché essi sono i postulati che Albert Einstein usò per formulare la teoria della relatività speciale. E la formulazione di Gryb è equivalente a questo. “Nella relatività speciale, gli osservatori possono essere considerati come osservatori in uno spazio invariante di scala”, dice Gryb. Ciò solleva alcune interessanti possibilità per la formulazione di una teoria più ampia della gravità, proprio come la relatività speciale portò ad una estensione della teoria che emerse nella relatività generale. Gryb descrive come sia possibile creare una serie di modelli di spaziotempo curvo “attaccando” ad essi spazi-tempi locali piatti. “E’ possibile fare qualcosa di simile nella teoria della dinamica delle forme?, si chiede Gryb. Nessuno è ancora riuscito a fare questo considerando un modello che includa le tre dimensioni dello spazio e quella del tempo, ma siamo ancora agli inizi nonostante Gryb e altri stiano lavorando al problema. Gryb è decisamente convinto dalle possibilità future che potranno portare ad un nuovo modo di pensare alla gravità quantistica in termini di invarianza di scala. “Ciò potrebbe fornire un nuovo meccanismo tale da trattare un numero infinito di gradi di libertà nel campo gravitazionale senza introdurre la natura discreta alla scala di Planck”, dice Gryb. Insomma, si tratta di un nuovo approccio, alquanto eccitante, che lo scienziato e altri colleghi stanno portando avanti con grande convinzione. Non sappiamo quale sarà l’evoluzione di tutto questo ma certamente rimarremo in attesa delle nuove puntate che avranno lo stesso Gryb come protagonista.



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