IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

lunedì 25 maggio 2015

IL DIO “SHIVA” E LE CURIOSE ANALOGIE CON GLI ESPERIMENTI DEL CERN A GINEVRA

“Nel nostro tempo i fisici hanno utilizzato la tecnologia più avanzata per ritrarre i modelli della "danza subatomica". La metafora della danza cosmica quindi unifica la mitologia antica, l'arte religiosa e la fisica moderna”.

Fritjof Capra (La danza di Shiva)

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… GLI ATTRIBUTI E LE GESTA DI UN DIO DECISAMENTE “SUPERIORE”…

SANSCRITO:
« yadātamas tan na divā na rātrir na san na cāsac chiva eva kevalaḥ tad akṣaraṃ tat savitur vareṇyaṃ prajñā ca tasmāt prasṛtā purāṇī »

TRADUZIONE ITALIANA:
« Là dove non vi è oscurità, - né notte, né giorno, - né Essere, né Non essere, - là vi è il Propizio, solo, - assoluto ed eterno; - là vi è il glorioso splendore - di quella Luce dalla quale in principio - sgorgò antica saggezza. »

(Śvetāśvatara Upaniṣad, IV, 18. Traduzione dal sanscrito in inglese di Raimon Panikkar in I Veda vol. I. Milano, Rizzoli, 2008, p. 113)

A proposito del culto di Siva o  Shiva, lo storico delle religioni Mircea Eliade dice: “non è certo che  già prima, nell'epoca vedica o anche in quella precedente, Rudra-Śiva non avesse, in alcuni ambiti, una sua supremazia fra gli dèi, essendo sia i Veda che i Brāhmaṇa testi composti da un'élite, aristocratica e sacerdotale, che di proposito ignorava il comportamento degli strati più umili della popolazione, nei quali continuavano a sopravvivere elementi anari”. Questa avversità dell’elite sembrerebbe testimoniata, per esempio, da uno degli inni più antichi del Ṛgveda (VII, 21, 5), dove gli officianti invocano Indra affinché non consenta agli adoratori del fallo (Śiśnadeva) di accostarsi ai loro riti. (Il liṅga, lett. "segno", ma anche "fallo", è  uno degli attributi di Śiva, simbolo tramite il quale il principio creatore del dio è rappresentato e venerato). Lo studioso  Alain Daniélou dice anche che è l'antico culto di questo dio che riemerge, superando l'ostracismo degli invasori ariani e imponendo poi le proprie idee filosofiche e tecniche rituali anche alle caste più elevate della popolazione indiana. È principalmente nei sistemi filosofici dello Yoga, del Tantra e del Sāṃkhya, le tre vie della realizzazione, che si riconosce l'impronta di questa precedente conoscenza: « A eccezione delle parti più antiche dei Veda, tutti i successivi testi dell'Induismo recano l'impronta delle idee filosofiche e delle tecniche rituali dell'antico shivaismo più o meno adattati per essere integrati in un mondo teoricamente vedico. » (Alain Daniélou, Śiva e Dioniso, 1980, Op. cit., p. 125). Nella Kaivalya Upaniṣad, Śiva è il «signore che tutto governa» (cap. 7); nella Taittirīya Upaniṣad è «colui dal quale tutti gli esseri nascono e vi ritornano» (cap. 3, 1); nella Muṇḍaka Upaniṣad è «il Sé interiore di tutti gli esseri viventi» (cap. 2, 1, 4), e le citazioni non si esauriscono con queste. Anche nel grande poema epico Mahābhārata, la cui stesura finale è comunque successiva alle Upaniṣad, Śiva è riconosciuto come "Grande Dio "(Mahādeva), cui è dovuta venerazione da parte di tutti, umani e dèi. La figura di Śiva come una delle principali divinità hindu, Dio poliedrico, possessore di una elaborata mitologia e portatore di una metafisica sofisticata, prende corpo e si afferma infine coi Purāṇa, quei testi religioso-filosofici che espongono cosmologia e filosofia hindu attraverso le narrazioni delle storie, testi trascritti all'incirca fra il III e il XII secolo.

IL DISTRUTTORE DI “TRIPURA” OVVERO UN CATACLISMA CHE PUO’ AVVENIRE CON L’ALLINEAMENTO PLANETARIO (?)


La storia è narrata nello Śiva Purāṇa: su richiesta del popolo degli Asura che aveva invocato Brahmā, Māyā, l'architetto, edificò tre città volanti, una d'oro, una d'argento, l'altra di ferro. Le tre città erano meravigliose e inespugnabili, solo Śiva, dio che gli Asura veneravano, poteva distruggerle, e ciò poteva avvenire soltanto nel momento in cui le tre città si trovassero allineate nel cielo, evento che capitava ogni mille anni. Il giorno venne, e nonostante le implorazioni degli Asura, Śiva, quando vide le tre città allineate, scoccò una freccia «che splendeva come innumerevoli soli»: le tre città furono ridotte in cenere.

IL SIGNORE DELLA DANZA E LA DANZA DELLE PARTICELLE AL CERN DI GINEVRA (?)



« La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che dà origine ai mondi, alle varie forme dell'essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Śiva non profferisce il mondo, lo danza. »
(Alain Daniélou, Śiva e Dioniso, 1980, Op. cit., p. 181)

Śiva o Shiva è anche chiamato Naṭarāja, il Re della Danza, e molte sono le rappresentazioni che hanno come soggetto il Dio danzante. La più nota è quella di Śiva con quattro braccia all'interno di un arco di fuoco. La chioma del Dio è intrecciata e ingioiellata e le ciocche inferiori si sollevano nel vento. Indossa pantaloni aderenti ed è adorno di bracciali, orecchini, anelli, cavigliere e collane; una lunga sciarpa gli ondeggia attorno. Altri tipici attributi possono essere altresì presenti, come il teschio, il cobra, la luna crescente, eccetera. Una delle mani tocca l'arco di fuoco che lo circonda, un'altra indica il nano malvagio schiacciato sotto il suo piede destro; una terza mano regge il tamburo e l'ultima è aperta in un gesto rassicurante; il piede sinistro è sollevato. È questa l'immagine più popolare, e corrisponde alla danza detta nādānta, quella che secondo tradizione Śiva effettuò a Chidambaram (o Tillai), nella foresta di Tāragam per difendersi dai ṝṣi seguaci del Mīmāṃsā e dal nano che questi avevano creato per assalirlo. Chidambaram era luogo considerato centro dell'Universo: il fatto che Śiva si trovi là simbolegga, nella corrispondenza col microcosmo, che il luogo in cui Dio danza è il centro dell'uomo, il suo cuore, e allora il messaggio simbolico diventa quello di liberare l'uomo dall'illusione e dalla nescienza.

 cit. Wikipedia


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