IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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VIDEO SINOSSI DELL' UOMO KOSMICO
Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

giovedì 30 luglio 2015

UN'ALTRA "TERRA"...



SEGNALATO DAL DR. MIGUEL LUNETTA (ASTROFISICO)

La missione Kepler è una missione spaziale della NASA parte del programma Discovery, il cui scopo è la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l'utilizzo del telescopio spaziale Kepler. Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell'astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009. Il telescopio Kepler è stato "specificatamente progettato per monitorare una porzione della nostra regione della Via Lattea e scoprire dozzine di pianeti simili alla Terra vicino o nella zona abitabile e determinare quante delle miliardi di stelle della nostra galassia posseggano pianeti". Per fare ciò, un fotometro monitora costantemente la luminosità di più di 145 000 stelle di sequenza principale nel suo campo di vista fissato, presso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Drago. I dati sono trasmessi a terra, dove vengono analizzati in cerca di periodiche diminuzioni di luminosità delle stelle causate da pianeti extrasolari che transitano di fronte alla loro stella. Nell'aprile 2013 il team di Kepler aveva individuato 2 740 candidati pianeti e confermato altri 121. Nel gennaio 2013 un gruppo di astronomi dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha stimato dai dati di Kepler che nella Via Lattea risiedano "almeno 17 miliardi" di esopianeti simili alla Terra. (da: Wikipedia)



24 Luglio 2015:

Un'altra Terra, un pianeta cugino, forse gemello, "vicino" e con tutte le condizioni potenziali necessarie per aver ospitato o ospitare a tutt'oggi la vita: un sole simile al nostro, un anno lungo quanto quello terrestre, una forza di gravità, temperatura, clima e terreno favorevoli alla presenza di acqua.

Siamo soli nell'universo?

Questa la storica scoperta annunciata oggi dai dirigenti della Nasa con parole cariche d'emozione. "Siamo più vicini a rispondere alla domanda che l'umanità si fa da millenni se siamo soli nell'universo. Siamo alla vigilia di poter osservare un pianeta simile alla Terra", ha detto Jon Grunsfeld, direttore delle Missioni Scientifiche della Nasa. "Abbiamo scoperto il pianeta più vicino gemello o almeno cugino della Terra", ha precisato Grunsfeld. Si tratta di 'Kepler 452-b' - questo il nome dato dagli astrofisici - e si trova a 1.400 anni luce da noi, eppure orbita attorno alla sua stella ogni 385 giorni. Quasi come la terra.

Stelle lontane

Ad individuarlo è stato il mitico telescopio 'Kepler' lanciato in orbita nel 2009 proprio con lo scopo di individuare stelle lontane, simili al sole, con i loro possibili pianeti. Nonostante un guasto nel 2013 abbia mandato Kepler in pensione anticipata, le centinaia di miliardi di dati che ha raccolto continuano ad essere analizzati dai laboratori a terra della Nasa con l'aiuto anche del telescopio Hubble: ecco allora che Kepler ha portato all'identificazione non solo di circa 5.000 'candidati' pianeti, ma di una dozzina di questi - tra cui '452-b' - con i loro sistemi solari simili alla Terra. 'Kepler 452-b' - è stato spiegato durante il briefing della Nasa - è di dimensioni una volta e mezza la terra e riceve dalla sua stella energia doppia della nostra, il che fa presumere la possibile esistenza di piante e quindi del processo di fotosintesi che sostiene la vita.



Sei miliardi di anni

"Questo pianeta ha sei miliardi di anni ed è la cosa più vicina ad un posto che qualcun altro potrebbe chiamare 'casa', è il primo pianeta potenzialmente abitabile che abbiamo individuato, ha trascorso sei miliardi di anni nella zona abitabile della sua stella, più della terra", ha detto Jon Jenkins, capo analista del telescopio Kepler. "Possiamo pensare a '452-b' come un cugino più vecchio della terra, che ci dà l'opportunità di osservare come il nostro pianeta potrebbe evolversi". Nel 2017 - ha annunciato Grunsfeld - la Nasa lancerà un nuovo telescopio con l'unico scopo di studiare i pianeti vicini con similitudini alla terra. (ANSA).

"Gli anni su Kepler 452B sono della stessa lunghezza che qui sulla Terra" ha spiegato Jon Jenkins, capo analista dei dati provenienti dal telescopio della Nasa "e il pianeta ha trascorso miliardi di anni intorno alla zona abitabile della sua stella. Il che significa che potrebbe aver ospitato vita sulla sua superficie ad un certo punto, o potrebbe ospitarla ora". "Kepler 452B - hanno spiegato ancora gli esperti - ha un'età di 6 miliardi di anni e riceve il 10% in più di energia dalla sua stella rispetto alla Terra". La sua dimensione è compatibile con quella della Terra - ossia una volta e mezza il nostro globo - ed il suo sistema solare anche. Sebbene la composizione del pianeta non sia stata ancora determinata, gli scienziati non escludano che possa essere di origine rocciosa. La sua straordinaria importanza, spiegano alla Nasa, è che potrebbe darci indicazioni su come potrà evolversi il nostro pianeta nei secoli futuri. Il sistema solare scoperto da Kepler si trova a una distanza di 1.400 anni luce dalla Terra, nella galassia del Cigno.




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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
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lunedì 27 luglio 2015

ENDOGAMIA E DISCENDENZA DIVINA


L’ARTICOLO CHE SEGUE, FA PARTE DELL’INTRICATO PUZZLE DELLE EVIDENZE RIGUARDO L’UTILIZZO DI BIOINGEGNERIA CLONANTE NEL PASSATO REMOTO DELLA NOSTRA SPECIE. NON E’ UN MISTERO CHE QUESTO SIA UN MIO CAVALLO DI BATTAGLIA, VEDI: IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE, LA VERA GENESI DELL’HOMO SAPIENS (Ed. OmPhi Labs 2015).

PERCHE’ I REGNANTI DELL’ANTICHITA’ (SUMERI, EGIZI, INDU’, PRECOLOMBIANI) ERANO TUTTI ASSOLUTAMENTE CONVINTI DI DISCENDERE DAGLI DEI CREATORI?

PERCHE’ NELLE CRONACHE ANTICHE (CONSIDERATE MITI ED ALLEGORIE), SI DICE ESPLICITAMENTE CHE GLI DEI CREATORI ERANO INFLESSIBILE SULLA REGOLA DI NON “MESCOLARE” IL SANGUE?

SE VOLETE SAPERNE DI PIU’ LEGGETE:




L’ALTEZZA DELLE MUMMIE EGIZIE RIVELA ENDOGAMIA.

Discovery News, 11 Maggio 2015

L’altezza dei faraoni che governarono l’antico Egitto conferma i documenti storici che attestano la consuetudine delle unioni tra consanguinei. Ciò sarebbe confermato da una nuova ricerca condotta su 259 mummie. È infatti noto da fonti storiche che i matrimoni cosiddetti “incestuosi” erano comuni tra i reali egizi, (come per altro nell’antichità presso quasi tutti i regnanti delle varie etnie – ndr MLR – vedi: IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE, LA VERA GENESI DELL’HOMO SAPIENS- di Marco La Rosa Ed. OmPhi Labs 2015 – cap. IV IL GRUPPO SANGUIGNO – PAG. 76 GENERAZIONE INBRED E OUTBRED). I faraoni ed i regnanti antichi in genere, erano fermamente convinti di discendere dagli dei quindi l’endogamia era necessaria per conservare la sacra linea di sangue. Risulta però difficile provare l’incesto nei matrimoni reali attraverso i test genetici, in quanto sarebbe necessario prelevare campioni di tessuto che verrebbero inevitabilmente distrutti durante il processo di laboratorio, con rammarico e quindi veto da parte delle autorità preposte alla conservazione dei corpi mummificati. Frank Ruhli, direttore dell’Istituto di Medicina Evoluzionistica all’Università di Zurigo, ha quindi ovviato al problema usando il  marcatore di carattere altamente ereditario dell’altezza del corpo, appunto per evidenziare la prova della consanguineità in 259 mummie. Il team di  ricercatori associati a Ruhli,  ha studiato la variazione (differenza tra individui) dell’altezza del corpo dei reali, comparandola con le variazioni tra persone comuni. «I faraoni variarono meno in altezza rispetto agli uomini comuni. Questo è un indicatore di endogamia» ha commentato Ruhli. Dettagliando i risultati nell’American Journal of Physical Anthropology, Ruhli e colleghi hanno visto che i faraoni erano più alti dei maschi non reali dello stesso periodo, mentre vi era poca differenza nella statura tra donne reali e comuni. L’altezza media della popolazione maschile variava tra 161 cm nel Nuovo Regno (1550-1070 a.C.) e 169.6 nel primo periodo dinastico (2925-2575 a.C.), con una media totale di 165.7 cm tra tutti i periodi dell’epoca. Le donne avevano un’altezza media di 155.6 cm nel Tardo Periodo (712-332 a.C.) fino a 159.5 cm nel Primo Periodo dinastico, con una statura media di 157.8 cm. Il faraone più alto sembra essere stato Ramses II (1303-1212 a.C.), che misurava almeno 173 cm ed era sposato alla regina Nefertari-merjem-Mut, anch’ella alta per l’epoca, 165 cm, più alta della media maschile nel Nuovo Regno. Re Amenhotep I fu probabilmente il risultato di tre generazioni di matrimoni tra consanguinei. Il professore di antropologia biologica Barry Bogin ha trovato simili evidenze anche in Guatemala, in ragazzi e ragazze viventi. La scarsa variazione di altezza media riflette anche una buona qualità dell’ambiente, in cui non è necessaria una grande variabilità genetica.


venerdì 24 luglio 2015

LA RICERCA DI VITA ...OLTRE LA TERRA: NUOVA INIZIATIVA


SEGNALATO DAL DR. MIGUEL LUNETTA

C’è vita oltre la Terra? 100 milioni di dollari (e Hawking) per scoprirlo

Il magnate russo Milner ha investito in un programma scientifico senza precedenti per la ricerca di altre forme di vita nell’universo. Il celebre fisico coinvolto nell’iniziativa.

Cento milioni di dollari (circa 92 milioni di euro) in dieci anni: è questa la cifra record messa sul piatto dal tycoon russo Yuri Milner per cercare la vita nell’universo, oltre a quella sulla Terra. Il programma, chiamato Breakthrough Listen, non ha precedenti nella storia della ricerca scientifica ed è stato svelato lunedì a Londra, nella sede della Royal Society, con scienziati del calibro di Stephen Hawking, Martin Rees, astronomo reale britannico, e Frank Drake, fondatore di Seti (Search for Extraterrestrial Intelligence Institute).

Il programma:

Il progetto di ricerca prevede totale trasparenza e interscambio dei dati (soprattutto sui social network visto che il magnate è uno dei maggiori investitori di Facebook), oltre all’utilizzo di nuovi potenti software e di alcuni telescopi tra i più potenti al mondo, il Green Park di 100 metri della West Virginia, negli Stati Uniti, e il Parkes di 64 metri del New South Wales, in Australia. Tutto questo permetterà di incrementare gli sforzi fatti da Seti con l’ultimo programma del 1990: si potrà captare una maggiore quantità di frequenze radio in minor tempo e coprire un’area di cielo dieci volte maggiore. Saranno esplorate milioni di stelle, tutta la Via Lattea e 100 galassie.



Hawking: «Dobbiamo sapere»

«La tecnologia attuale ci offre una reale possibilità di rispondere a una delle più grandi domande dell’umanità: siamo soli?», ha detto durante la presentazione Milner , la cui convinzione è che altre civiltà potrebbero insegnarci, ad esempio, come gestire la sfida delle risorse naturali. Per Stephen Hawking, presente alla conferenza, «non c’è dubbio più grande» a cui non è ancora stata data risposta e ora «è tempo di impegnarsi per trovarla». Lo scienziato britannico ha poi concluso:«Siamo vivi, siamo intelligenti. Dobbiamo sapere».


mercoledì 22 luglio 2015

LA REALTA' DEI MERIDIANI E L'EFFICACIA DELL'AGOPUNTURA CINESE


di:  Asclepio

L’esperimento che prova l’esistenza dei meridiani di agopuntura

 L’esistenza dei meridiani di agopuntura, stante la loro non esperibilità “anatomica” diretta, ha costituito il primo e principale scoglio per l’accettazione dell’agopuntura da parte della Medicina “scientifica” occidentale; un discorso analogo è dovuto alla terminologia e alla nomenclatura medica cinese che fa ricorso a descrizioni di energie non propriamente fisiche, quanto non riconducibili al tipo di energie postulate ed ammesse dalle scienze naturali occidentali. Tuttavia delle evidenze a favore della teoria dei meridiani sono facilmente attingibili dall’osservazione che la maggior parte delle dermatiti (più dell’80%)  si manifestano lungo il tragitto dei meridiani, così come di alcuni fenomeni algici (spesso in Medicina Cinese descritti come Sindromi ostruttivo-dolorose) che seguono di frequente il percorso individuato da un  meridiano. Va giusto ricordato che questi meridiani energetici sono -nel loro percorso-  del tutto indipendenti dalla circolazione ematica e linfatica, così come dal decorso delle fibre nervose.



 Oggigiorno tecniche di scansione a infrarossi permettono di evidenziare sensibili variazioni di temperatura lungo aree descritte dai meridiani o su specifici agopunti. Inoltre è stata verificata una differente conduzione elettrica sui punti di agopuntura, fatto su cui ritornerò più avanti. La prima evidenza sperimentale, peraltro schiacciante e sorprendente nei suoi risultati, fu quella ottenuta sul finire degli anni ’80 in Francia da Darras e de Vernejoul, e colleghi. Già un decennio prima, due biofisici, R. Becker e M. Reichmanis, mostrarono l’effettiva presenza di correnti elettriche nei percorsi dei meridiani. De Vernejoul e  Darras condussero una serie di esperimenti su 80 pazienti e 50 volontari sani presso il reparto di urologia dell’ospedale Necker di Parigi. Veniva iniettato un radioisotopo del Tecnezio, il Tc99, nel punto KI7 Fu Liu, e in una zona random fuori meridiano e priva di significanza agopunturale. In questi punti (al rilevamento condotto in camera a raggi gamma) fu tracciato che il Tecnezio 99 si diffondeva a raggiera in modo casuale. Il Tecnezio 99 iniettato in KI7 si diffondeva invece in modo grosso modo rettilineo lungo il percorso del meridiano di Rene percorrendo circa 30 cm in circa 5 minuti. L’evidenza di questo risultato mostra inequivocabilmente che esistono dei percorsi privilegiati nel corpo umano, e alcuni di essi sono stati intuiti dall’antica Medicina Cinese. In questi “percorsi” si muovono delle correnti che orientano gli elettroliti – come è accaduto al radioisotopo impiegato nell’esperimento-  in maniera uniforme in contrasto con la diffusione casuale e omogenea delle altre zone della matrice extracellulare. Questi flussi come detto prima sono indipendenti, ad esempio, dai vasi linfatici dell’anatomia fisica. Questo effetto sulle correnti di elettroliti e sulla loro differente concentrazione è alla base della differenza di conduttanza associata ai punti di agopuntura. Su questo meccanismo sono basati ad esempio metodi diagnostici o di rilevazione come quello studiato da Voll con la sua elettroagopuntura. Si impone qui però una riflessione epistemologica più generale. Di per sé infatti questi flussi di elettroliti (probabilmente solidali col flusso dei liquidi interstiziali) non vanno confusi tout court con i meridiani né con il Qi ad essi associato: questa confusione sarebbe come quella di chi prendesse “il dito per la luna”. Il flusso di elettroliti (forse anche della frazione di acqua della matrice) risponde forse ad un ipotetica differenza di potenziale elettrochimico ma questa di per sé non è sufficiente a spiegare il percorso rettilineo  o rettiforme di questi flussi. Dobbiamo ancora una volte ritornare sul concetto di energie sottili e di Forze plasmatrici del piano eterico, che orientano da un livello superiore, iperfisico, ma immediatamente contiguo al piano fisico, le forze più grossolane o “dense”. 


  Le stesse forze orientano ad esempio gli ioni nel cosiddetto effetto corona, in atto nei fenomeni Kirlian. Fenomeno assolutamente descrivibile e noto alla fisica anche sugli oggetti inanimati (nessuno ha mai negato che un sasso abbia un campo eterico), ma in grado di dare disposizioni particolari soltanto in presenza di forme viventi (o di significative variazioni in ragione dello stato emozionale e vitale dei soggetti). 


Solo postulando questo piano di forze, che non coincide con nessuna delle energie della fisica (meccanica, termica, elettromagnetica o elettrochimica), ma di cui le energie note alla fisica sono la manifestazione sul piano più denso, si possono spiegare appieno determinati fenomeni altrimenti inesplicabili (come ad esempio il Biochimico Sheldrake ha indicato in relazione non solo a fenomeni complessi come l’etologia animale ma anche in relazione alla cristallografia e alla chimica inorganica). Ogni altro tentativo “riduzionista”  è destinato non solo a fallire -perché poggiato su assunti falsi- ma anche a coprirsi a volte di una certa dose di ridicolo. Il termine “Qi” è un modo tipico cinese per indicare forze di questo ordine iperfisico. Questa ultima riflessione è volta, fra l’altro, a giustificare appieno l’utilizzo di questo termine  della nomenclatura cinese, assolutamente indispensabile per descrivere il campo d’azione dell’agopuntura. Tentativi riduzionistici di spiegazione dell’agopuntura (es. modelli neurologici come la teoria dei cancelli) ne spiegano solo degli aspetti parziali come l’effetto anestetico,  ma non la totalità degli effetti terapeutici multi livello, compresi gli effetti psichici. Ugualmente il concetto di Qi racchiude una serie di sensi e di significati (oltre a una sua specifica realtà ontologica ignota alla scienza occidentale) irriducibile a concetti fisicalisti. Il che evidenzia che l’accettazione della Medicina Cinese in senso integrale suppone un differente paradigma scientifico ed epistemologico che include anche un’ontologia del tutto divergente da quella della scienza occidentale e che in Occidente verrebbe ascritta alla “metafisica”.


Bibliografia :

[Isotopic approach to the visualization of acupuncture meridians].[Article in French] de Vernejoul P, Darras JC, Beguin C, Cazalaa JB, Daury G, de Vernejoul J. PMID: 6097132 [PubMed – indexed for MEDLINE]


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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

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DI MARCO LA ROSA
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domenica 19 luglio 2015

L'UOMO, IL KOSMO E IL RISVEGLIO AD UNA NUOVA ESISTENZA

                                             SABATO 18 LUGLIO 2015 - ORE 21,00

                     L'UOMO KOSMICO & IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE
                                                        di Marco La Rosa

                          http://www.omphilabs.it/prod/L-UOMO-KOSMICO.htm

               http://www.omphilabs.it/prod/Il-Risveglio-del-Caduceo-Dormiente.htm

                                          OSPITI DI ANGELO CRUCIANI
                            http://www.angelocruciani.com/angelo/en/angelo.htm

                                                       E SPAZIO TESLA
                                                  http://www.spaziotesla.it/


                                    Nel contesto della manifestazione - esposizione:
                                               "LOVVISM, l' amore va di moda"
                                  http://www.spaziotesla.it/primo-piano/272-lovvism.html


                                      presso MA - EC Milan Art & Event Center
                               https://www.facebook.com/milan.art.events.center

                     con la partecipazione del giornalista e biologo GIORGIO PATTERA

                       ha condotto la serata la giornalista SABRINA PIERAGOSTINI
                                               
“Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto con il cosmo… Non per te infatti questa vita si svolge, ma tu, piuttosto, vieni generato per la vita cosmica”.

                                                                           Platone (Le leggi)


"La vita consapevole , è la scienza più potente e perfetta dell’Universo, non ha nulla di casuale, fin dall’inizio. ". (Marco La Rosa).

                                                       




ALBERTO NEGRI (SPAZIO TESLA) INTRODUCE LA SERATA




GIORGIO PATTERA, SABRINA PIERAGOSTINI E MARCO LA ROSA


SABRINA PIERAGOSTINI E MARCO LA ROSA


GIORGIO PATTERA E SABRINA PIERAGOSTINI


in primo piano: L'ARTISTA E STILISTA ANGELO CRUCIANI  IDEATORE DELLA SERATA IN COLLABORAZIONE CON SPAZIO TESLA



ALBERTO NEGRI E MASSIMO VETRUGNO (SPAZIO TESLA)

A BREVE NUOVO POST CON IL VIDEO INTEGRALE DELLA SERATA
REALIZZATO DA MASSIMO VETRUGNO (SPAZIO TESLA)

venerdì 17 luglio 2015

UNIVERSO ED ORDINE KOSMICO


di: Marco La Rosa

 …”possiamo metterla in questo modo: la prima legge della termodinamica stabilisce che il contenuto in energia dell’universo è costante. La seconda legge della termodinamica stabilisce che il contenuto di entropia dell’universo aumenta. Se la prima legge della termodinamica sembra implicare che l’universo è immortale, la seconda legge mostra che questa immortalità è, in un certo modo, priva di valore. L’energia sarà sempre lì, ma non sarà sempre capace di produrre cambiamenti, moto e lavoro. Un giorno l’entropia dell’universo raggiungerà un massimo e tutta l’energia sarà livellata. Allora, benché tutta l’energia sia ancora presente, non saranno possibili variazioni, moto,lavoro, vita ed intelligenza. L’universo esisterà ancora ma solo come una statua congelata. Il film avrà cessato di girare e staremo guardando per sempre un fotogramma fisso”.

…”talvolta il processo dell’aumento di entropia viene descritto immaginando l’universo come un orologio enorme ed indescrivibilmente complicato che sta lentamente rallentando. Ebbene gli esseri umani posseggono orologi che possono rallentare, e spesso lo fanno, ma possono sempre ricaricarli. Non potrebbe esservi un processo analogo anche per l’universo? In effetti, non dobbiamo immaginare che una diminuzione di entropia avvenga solo attraverso azioni deliberate di esseri umani. La vita stessa, a prescindere completamente dall’intelligenza umana, sembra sfidare la seconda legge della termodinamica. Gli individui muoiono, ma nuovi ne nascono e la gioventù è sempre comunque in maggioranza. La vegetazione muore d’inverno ma cresce nuovamente in primavera. La vita si è mantenuta sulla terra per più di tre miliardi di anni e non mostra alcun segno di volersi estinguere; in effetti , sembra voglia arricchirsi, poiché in  tutta la sua storia sulla terra la vita è diventata più complessa sia nel caso dei singoli organismi sia nelle rete ecologica che li avvolge insieme. La storia dell’evoluzione biologica rappresenta una vasta diminuzione di entropia. A causa di ciò, si è cercato di definire la vita come un meccanismo per la diminuzione dell’entropia. Se ciò fosse vero, allora l’universo non andrebbe mai incontro alla cosiddetta “morte termica”, in quanto dovunque la vita eserciti la sua influenza essa agirà automaticamente per diminuire l’entropia”.

Isaac Asimov (biochimico-scrittore).


L'evoluzione cosmica sembra quindi procedere  per progressivi aumenti del disordine ma, localmente, si formano “campi” che violano la seconda legge della termodinamica permettendo lo sviluppo di strutture altamente organizzate ed ordinate come quelle biologiche, senza per altro violare la legge generale. Possiamo quindi supporre che la costruzione dell’ ordine locale venga eseguita a spese dell' "ordine esterno" e quindi l'entropia generale (disordine) del sistema aumenta, mentre quella locale (ad esempio la vita sulla Terra) diminuisce tendendo all’ordine (neghentroipia  o entropia negativa). Pertanto l'aumento dell’ ordine che si vede nel nostro mondo è ottenuto sfruttando l'energia che riceviamo dal Sole in forma di fotoni ordinati (energia cinetica) che, dopo l'uso, sono ri-emessi “disordinatamente” come radiazione infrarossa, cioè calore che è una forma  più "disordinata" di quella cinetica dei fotoni incidenti. La seconda legge (forse),  ha valenza universale e domina  il comportamento della materia, ma proprio l'evoluzione termodinamica permette alla materia di strutturarsi in forme altamente organizzate (e quindi altamente ordinate) come appunto quelle che danno origine alla vita cosciente. Il premio Nobel per la chimica (1977) Ilya Prigogine fu uno strenuo sostenitore della teoria che il cosmo si evolve verso un progressivo aumento della complessità e dell’ordine. La vita, secondo  lo scienziato russo, non è nata per caso, non è una fatalità; al contrario, è conseguenza di una logica immanente all’universo, organizzato in modo da generare forme di vita sempre più complesse e organizzate. Il cosmo ha ospitato i gas primordiali, poi le prime particelle viventi, le forme di vita inferiori, gli animali e infine la vita intelligente e cosciente che indubbiamente è una costante dell’Universo e non una mera casualità del nostro piccolo pianeta blu. Ecco che il concetto di neghentropia (tendenza all’ordine) è estensibile ad altre parti (isole) dell’Universo che al momento non siamo in grado di vedere o percepire, ma indubbiamente siamo in presenza di  una logica,  di una legge superiore che organizza ed amministra l’universo. Qualcosa di  più forte del caso che per molti biologi sarebbe alla base delle mutazioni che consentono l’evoluzione. È la legge cosmica fondamentale che (per ora) non possiamo ancora dimostrare, ma di cui l’uomo ha intuizione fin dall’Antichità e che gli antichi greci chiamavano Logos, gli ebrei  Hokmà, gli egiziani  Maat, gli indù  Dhamma, i cinesi Tao, i giapponesi Shinto. Un ordine universale che procede lungo la linea del tempo e arriva  all’uomo. In questo senso, filosofia greca e sapienza orientale sono in perfetto accordo: Lao-Tzu guarda al Tao per dare un ordine alla vicenda umana, e Platone, nelle Leggi, scrive: “Anche quel piccolo frammento che tu rappresenti, o uomo meschino, ha sempre il suo intimo rapporto con il cosmo… Non per te infatti questa vita si svolge, ma tu, piuttosto, vieni generato per la vita cosmica”.

"La vita consapevole è la scienza più potente e perfetta dell’Universo, non ha nulla di casuale, fin dall’inizio". (Marco La Rosa).

SABATO 18 LUGLIO 2015 ORE 21,00: ANGELO CRUCIANI E SPAZIO TESLA INCONTRERANNO L'UOMO KOSMICO A "LOVVISM" presso Milan Art & Events Center - Via Lupetta, 3 (angolo Via Torino) - MILANO

http://www.spaziotesla.it/primo-piano/277-l-uomo-kosmico-a-lovvism.html



FONTI E CITAZIONI:
Catastrofi a scelta – Isaac Asimov – AME 1979
estropico.com – Giuseppe Vatinno
fili d’aquilone n. 20 – filidaquilone.it
L’Uomo Kosmico – Marco La Rosa – Ed. OmPhi Labs 2014
Il risveglio del Caduceo dormiente – Marco La Rosa – Ed. OmPhi Labs 2015




martedì 14 luglio 2015

S.E.T.I. (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) E...ALTRO



SIAMO TROPPO PRIMITIVI PER RILEVARE CIVILTÀ EXTRA-TERRESTRI? OPPURE C’È DELL’ALTRO?

Alcuni degli astronomi più importanti del nostro tempo, tra cui l'astronomo reale inglese Sir Martin Rees, credono nell'esistenza di civiltà extraterrestri avanzate nel cosmo e che queste per comunicare, piuttosto che utilizzare segnali radio o segnali luminosi visibili, si servano di mezzi di comunicazione del tutto diversi da quelli che conosciamo. Secondo gli scienziati, gli alieni potrebbero comunicare utilizzando ‘neutrini spettrali’ o ‘onde gravitazionali’ (? –ndr), tecniche che solo adesso l’umanità sta cominciando a comprendere e che, comunque, sono al di fuori delle nostre capacità attuali. “Il fatto che non abbiamo ancora trovato la minima prova della vita extraterrestre (intelligente e non), non mi sorprende e non mi delude”, ebbe a dire Arthur C. Clarke poco prima di morire nel 2008. “La nostra tecnologia deve apparire ridicolmente primitiva ad una civiltà extraterrestre avanzata, tanto da poter essere considerati come selvaggi della giungla”. Inoltre, Sir Martin Rees, cosmologo e astrofisico della Regina d’Inghilterra e presidente della Royal Society, ritiene che la possibilità di rilevare l’esistenza di vita extraterrestre potrebbe essere al di là della comprensione umana. “Potrebbe trovarsi davanti ai nostri occhi, faccia a faccia, e non essere in grado di riconoscerla”, spiega Rees. “Il problema è che siamo alla ricerca di qualcosa di molto simile a noi, postulando che queste intelligenze non terrestri abbiano sviluppato la stessa nostra matematica e tecnologia. Ho il sospetto che ci potrebbe essere vita intelligente là fuori, in forma che non siamo in grado di concepire. Proprio come uno scimpanzé non può capire la teoria quantistica, la vita intelligente potrebbe esistere come aspetti della realtà che sono al di là della capacità della nostra mente”. Frank Drake, fondatore del SETI e inventore della famosa equazione omonima, ritiene che la tecnologia satellitare e la ‘rivoluzione digitale’ stiano rendendo l’umanità invisibile a potenziali intelligenze non terrestri. L’utilizzo dell’informazione digitale, infatti, sta causando una progressiva diminuzione delle trasmissioni televisive e radio diffuse nello spazio. La Terra è attualmente circondata da un guscio di radiazioni causata da trasmissioni televisive, radiofoniche e radar analogici. Questi segnali, secondo Drake, sarebbero avvertiti dagli alieni come potenziale presenza di una civiltà tecnologica sul pianeta. Sebbene tali segnali si siano diffusi quanto basta per raggiungere molti sistemi stellari vicini, essi stanno rapidamente scomparendo, facendo cadere l’umanità in una sorta di ‘oblio cosmico’. Nel 1960, Drake ha guidato la transizione dell’Osservatorio di Arecibo in un centro di radioastronomia. Come ricercatore, egli è stato coinvolto nelle prime osservazioni delle pulsar. Drake è stato anche colui che nel 1972, insieme a Carl Sagan, progettò la famosa targa applicata sulla sonda Pioneer, il primo messaggio fisico umano inviato nello spazio. La targa fu pensata per essere comprensibile da eventuali extraterrestri che l’avrebbero incontrata. Milan Cirkovic, dell’osservatorio astronomico di Belgrado, fa notare che l’età media dei pianeti nella Via Lattea è di circa 2 miliardi di anni superiore all’età della Terra e del Sistema Solare. Questo significa che l’età media di una civiltà tecnologia extraterrestre potrebbe essere molto superiore a quella della civiltà umana. L’ampiezza di questo intervallo fa ritenere che la capacità di poter osservare eventuali comunità extraterrestri potrebbe essere al di là della nostra tecnologia. Dato che in questo momento non vi è alcuna prova diretta o indiretta dell’esistenza di civiltà extraterrestri, una di queste possibilità potrebbe indicarne il motivo:

A) Siamo i primi esseri intelligenti del cosmo in grado di rendere nota la nostra presenza e, prima o poi, saremo capaci di lasciare il nostro pianeta. A questo punto, non ci sono altre forme di vita avanzate come la nostra;

B) La vita extraterrestre potrebbe non esistere, oppure essere così rara e lontana che di fatto non potremo mai entrare in contatto con essa, rendendola inesistente, almeno in senso pratico;

C) Molte civiltà aliene potrebbero essere esistite prima di noi e che per qualche ragione sconosciuta si sono estinte, senza lasciare traccia della loro esistenza (o, almeno, non siamo riusciti ancora a scovare le tracce della loro passata esistenza);

D) Esistono molte civiltà extraterrestri. Forse alcune di loro non hanno avuto interesse ad espandersi nello spazio, rimanendo nei confini del loro sistema stellare; altre potrebbero essere talmente avanzate da risultare invisibili ai nostri strumenti. Se si esclude la possibilità offerta da alcune confessioni di fede, secondo le quali l’umanità è frutto di una creazione esclusiva da parte di un principio singolare solitamente chiamato ‘Dio’, allora la proposizione A è abbastanza improbabile. Supponendo che gli esseri umani si siano evoluti come le altre forme di vita sul nostro pianeta attraverso la selezione naturale, allora l’umanità è il frutto di un principio che pervade l’intero universo. Quindi, se ci sono quasi certamente altri pianeti in grado di sostenere una qualche forma di vita, è altamente improbabile che gli esseri umani siano una ‘straordinaria anomalia’ all’interno dell’universo. Ben inteso, l’esistenza di un principio singolare (Dio) e la via evolutiva non si escludono a vicenda, dato che quest’ultima potrebbe essere proprio una ‘regola’ che deriva dal principio singolare. A questo punto, la proposizione D è talmente probabile da sfidare ogni logica: se migliaia, o addirittura milioni di civiltà extraterrestri esistono nell’Universo conosciuto, allora perchè tutte, senza eccezioni, hanno scelto di non espandersi nel cosmo o di esistere in modo tale da risultare completamente inosservabili? E’ concepibile che alcune di esse, o forse la maggioranza, potrebbero aver scelto questa strada, ma che lo abbiano fatto tutte sembra alquanto improbabile. Viene in mente così la domanda che si pose il nostro Enrico Fermi nel 1950 e che è conosciuta come l’omonimo paradosso: “Dove sono tutti quanti? Se ci sono così tante civiltà evolute, perché non abbiamo ancora ricevuto prove di vita extraterrestre come trasmissioni di segnali radio, sonde o navi spaziali?”. La situazione paradossale è dovuta al contrasto tra la sensazione, da molti condivisa e sostenuta da stime del tipo di quella di Drake, che noi non siamo soli nell’universo e il fatto che i dati osservativi contrastino con questa sensazione. Ne deriva che o la sensazione intuitiva e le stime come quelle di Drake sono profondamente errate (suggerendo che sia probabile ciò che è estremamente improbabile o addirittura impossibile), o la nostra osservazione o comprensione dei dati è incompleta.

Ipotesi alternative

Per rimanere fedeli alla fama di cospiratori, vi proponiamo una teoria ‘estrema’ proposta per la prima volta da Eric Frank Russell, scrittore di fantascienza, nel suo romanzo “Schiavi degli Invisibili”, in cui presenta l’inquietante ipotesi che la Terra sia dominata da esseri extraterrestri, chiamati Vitoni, entità invisibili di energia che si nutrono della nostra energia mentale e che impediscono il contatto dell’umanità con altre civiltà dello spazio. Russell prese lo spunto per la scrittura del suo romanzo dalle teorie di Charles Fort, il ‘grande eretico della scienza’, studioso americano di fatti misteriosi e fenomeni paranormali, e che amava ripetere: “Credo che noi tutti siamo proprietà altrui”. E spiegava: “In passato le altre razze del cosmo venivano a visitare la Terra, ma ora non più. Forse nei secoli scorsi una razza si è impadronita del nostro pianeta, e ora allontana tutte le altre”. Il romanzo è stato ispirato a Russell da due considerazioni: “Dato che tutti gli uomini amano la pace, perché allora non riescono ad averla?”. E: “Se esistono razze extraterrestri più progredite dell’uomo, perché non vengono a trovarci?”. La risposta di Russell, ispiratagli dalle opere di Charles Fort, è la seguente: “Il genere umano è già stato conquistato da altre intelligenze. Sono questi nostri sconosciuti padroni a fomentare le guerre e ad impedire alle altre razze del cosmo di comunicare con noi”.

Nel romanzo di Russell, l’uomo è dominato, senza averne coscienza, dai Vitoni: sfere di energia, invisibili all’occhio umano, che si nutrono della sua energia nervosa e la mietono istigando guerre, passioni, delitti. Un piccolo gruppo di scienziati si accorge di questa schiavitù e a sua volta dichiara guerra ai Vitoni. Una guerra mortale, e pericolosissima, poiché basta pensare ai Vitoni per rischiare l’immediata distruzione. Insomma, un classico della fantascienza di grande suggestione. Il racconto di Russell è molto simile alla teoria dei ‘Voladores’ di Carlos Castaneda, uno scrittore peruviano morto nel 1998. L’ipotesi avanzata da Castaneda è a dir poco inquietante: “Gli sciamani dell’antico Messico scoprirono che abbiamo un compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che emerge dalle profondità del cosmo e assume il dominio della nostra vita”. I Voladores si nutrono solo di un determinato tipo di energia e noi ne produciamo molta di quella energia. I predatori alimentano l’avidità, il desiderio smodato, la codardia, l’aggressività, l’importanza personale, la violenza, le emozioni forti, tutti gli eccessi, l’autocompiacimento ma anche l’autocommiserazione. Le fiamme energetiche generate da queste qualità “disarmoniche” sono il loro cibo prediletto. I Voladores non amano invece la qualità vibrazionale della consapevolezza, dell’amore puro, dell’armonia, dell’equilibrio, della pace, della sobrietà… in una parola aborriscono la qualità energetica della crescita evolutiva, e hanno ogni vantaggio nel boicottare ogni nostro incremento di coscienza. Secondo Castaneda sono stati proprio i Voladores a instillarci stupidi sistemi di credenza, le abitudini, le consuetudini sociali, e sono loro a definire le nostre paure, le nostre speranze, sono loro ad alimentare in continuazione e senza ritegno il nostro Ego. Come direbbe Spok: affascinante! Di recente, a recuperare l’ipotesi della ‘prigionia aliena’, con qualche variazione, è stato David Icke, controverso autore, ritenuto da alcuni il grande rivelatore del complotto rettiliano sul nostro pianeta. Secondo l’ipotesi di Icke, alcuni alieni rettiliani, sotto le mentite spoglie umane di uomini pubblici, hanno preso il controllo del nostro pianeta impedendo all’umanità la normale evoluzione spirituale, sociale e tecnologica. Il fine di costoro sarebbe quello di schiavizzare l’umanità e impossessarsi definitivamente delle risorse planetarie (umanità compresa), impedendo qualsiasi contatto tra umanità e extraterrestri (quelli buoni, però!).

fonte:


venerdì 10 luglio 2015

ANOMALIE GENETICHE: LE BAMBINE CHE NON INVECCHIANO


SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Gabby Williams, 8 anni, la ragazza che possiede il segreto dell’immortalità


Gabby Williams ha 8 anni, sembra una neonata, e potrebbe essere la chiave per svelare i segreti dell’ immortalità. La bambina invecchia molto lentamente e un gruppo di scienziati si è deciso a studiare come funziona il suo corpo per cercare di trovare una cura contro l’Alzheimer. I ricercatori che si sono interessati al caso della piccola bambina ritengono di poter apprendere dal suo codice genetico come arrestare il processo di invecchiamento una volta terminata la fase di crescita. “In questo tipo di persone – gli scienziati stanno studiando altri due casi simili a quello di Gabby – avviene qualcosa che arresta il processo di sviluppo.” Lo scopo dei ricercatori è identificare il gene che rende queste persone sempre giovani, ‘spegnerlo’ e fare in modo che la persona, in questo caso Gabby, diventi biologicamente immortale. Se i ricercatori saranno in grado di isolare il gene, l’umanità – o meglio chi se lo potrà permettere (?) – potrà un giorno arrestare il processo di invecchiamento intorno ai vent’anni (?)Tuttavia, morire sarà sempre possibile per via di una malattia o un incidente stradale (per esempio).

Brooke Greenberg, la ragazza di 17 anni che ne dimostra 2


Non le sono mai state diagnosticate peculiarità cromosomiche o sindromi genetiche, eppure la 17enne Brooke Greenberg sembra ancora una bambina. I medici sono rimasti sconcertati quando hanno notato che Brooke a 17 anni ha ancora i denti da latte e che le sue ossa sono quelle di una bambina di pochi anni. Ci sono persone che cercano rimedi per non invecchiare, mentre lei non ha bisogno di ricorrere a nulla dato che non è mai cresciuta. Il suo cervello non si è sviluppato correttamente e i suoi organi non sono cresciuti come avrebbero dovuto. Il suo caso si contrappone a quello chiamato Progeria, sindrome che porta i nuclei delle cellule ad essere instabili e ad invecchiare prematuramente. Brooke, proveniente da Reistertown, in Maryland, non parla e si esprime con versi da neonata, anche se riconosce le sue sorelle e ride quando le vede. La loro mamma crede che ogni giorno la bambina subisca dei cambiamenti, non fisici, bensì nel suo cuore. Suo padre invece pensa che sia una “fonte di giovinezza” ed è curioso di sapere perchè sua figlia non cresca. L'hanno soprannominata la ragazza che non invecchia mai. Per questo, un team di scienziati americani, intende far luce sulle sue caratteristiche genetiche, in modo da comprendere il segreto dell'invecchiamento umano e sviluppare nuove terapie per fronteggiare tipiche malattie della terza età come l'Alzheimer e il Parkinson. Brooke Greenberg ha diciassette anni ma vive nel corpo di una bimba di appena 1 anno: è alta 75 centimetri, pesa 7 chili, e ha ancora i denti da latte. Gesticola, si fa capire, percepisce i suoni, ma non spiaccica parola. Appena nata - a Reistertown, vicino a Baltimora, negli Stati Uniti - sembrava una bimba normalissima, poi però sono subentrati numerosi problemi di salute che hanno obbligato i genitori a rivolgersi ad alcuni specialisti: la piccola è spontaneamente guarita da un tumore al cervello e da 7 ulcere perforanti. In breve, i genitori, si sono accorti che la bambina non presentava crescita, le uniche parti anatomiche che si sono sviluppate regolarmente sono le unghie e i capelli. Per il resto, ogni parte del corpo, sembra statica. Per prima cosa si è pensato alla cosiddetta sindrome dell'X fragile: malattia genetica causata dalla mutazione del gene FMR1, che provoca ritardo mentale, scarso sviluppo muscolare, movimenti stereotipati. Brooke è stata sottoposta a una serie di terapie ormonali, ma non si è arrivati da nessuna parte: il mistero della bimba che non invecchia continua ancora oggi, offrendo lo spunto per studi che potrebbero portare allo sviluppo di nuovi trattamenti per contrastare il fisiologico invecchiamento dell'uomo: "Noi pensiamo che il caso di Brooke rappresenti una grande opportunità per comprendere e approfondire i processi di invecchiamento", rivela Richard Walker professore dell'University of South Florida School of Medicine. "Crediamo che la bimba sia caratterizzata da una particolare mutazione genetica che in qualche modo si contrappone al normale sviluppo psicofisico di un organismo". Alla luce di ciò gli scienziati stanno analizzando ogni singola cellula di Brooke. La speranza è quella di decifrare nel dettaglio il suo corredo genetico per poi confrontarlo con quello di una persona normale. Da qui potrebbero emergere differenze notevoli sulle quali agire per sviluppare farmaci che possano bloccare le malattie tipiche della terza età.

da:


http://www.absurdityisnothing.net/2010/05/brooke-greenberg-la-ragazza-di-17-anni-che-ne-dimostra-2/

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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
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mercoledì 8 luglio 2015

"LA BANCAROTTA DELL’ONCOLOGIA SCIENTIFICA"




di: ASCLEPIO

“Dio non gioca a dadi col mondo”.

         – A. Einstein

“Probabilmente lo fa, ma non sappiamo con quali regole”.

        – C. Jung e W. Pauli


Uno studio scientifico pubblicato nel gennaio del 2015 da due ricercatori della prestigiosa John Hopkins University, l’oncologo B. Vogelstein e il matematico C. Tomasetti dovrebbe far riflettere per il suo contenuto e le implicazioni del suo risultato assai più di quanto non si è fatto finora. Non solo invece esso è stato contestato da alcuni ambienti accademici (cosa assai ovvia in realtà), ma soprattutto abbiamo notato la totale indifferenza con cui è stato accolto sia dai cultori delle ‘scienze di frontiera’ sia dai tanti “esoteristi” da tastiera che amano presentarsi come dei grandi della “metapsichica”, ma curiosamente non sanno cimentarsi con i fatti concreti anche quando questi prospettano importanti conseguenze per il loro stesso ambito…
Lo studio che già nel titolo parla eloquentemente  di “cattiva fortuna” è sostanzialmente un’indagine di meta-analisi, condotta sulla letteratura riguardante l’incidenza di certi tumori, con l’applicazione di un modello matematico studiato per calcolare la correlazione con le mutazioni spontanee nel DNA. Si sapeva infatti che le mutazioni spontanee avessero un ruolo nella genesi delle patologie neoplastiche; lo studio ha avuto come scopo quello di quantificare l’incidenza di questo fattore. Il modello prevedeva di correlare l’incidenza statistica di certi tipi di tumori con la frequenza, nell’arco della vita, delle divisioni delle cellule staminali nel relativo tessuto. Lo studio ha incluso 31 tipi di tumori, purtroppo escludendo quelli al seno e alla prostata per la difficoltà di reperire in letteratura dati sufficienti sul rating di divisione delle cellule staminali in questi organi.


Lo studio dunque ha puntato a cercare la correlazione statistica fra incidenza di tumori a danno di un tessuto od organo e la rapidità di divisione cellulare e dunque di replicazione del DNA (con relativa possibilità di “errore”, cioè mutazione). Il tasso di correlazione lineare è stato calcolato essere il quadrato di 0.804, cioè approssimativamente il 65%.  In questa fase sono stati esclusi i fattori “esterni”, i fattori di rischio, ambientali,  l’esposizione a sostanze ritenute cancerogene o mutagene ecc… Ad esempio è stato trovato che il cancro al colon ha un’alta incidenza correlata linearmente, secondo il modello matematico impiegato, all’ ugualmente alta attività di divisione cellulare del tessuto. Il tessuto del colon che ha un tasso di divisione cellulare quattro volte superiore a quello dell’intestino tenue; chiaramente il cancro al colon è assai più frequente di quello a carico dell’intestino tenue. L’ipotesi che ciò possa essere dovuto ad una eventuale maggiore esposizione anatomica del colon a fattori ambientali ed inquinanti cade nel momento in cui si ritrova la condizione invertita, ad esempio nel topo, dove il cancro del tenue è più frequente, a fronte di un maggior tasso di divisione delle cellule staminali in questo organo. In pratica, l’andamento stocastico (= casuale o aleatorio) delle mutazioni in fase di replicazione del DNA è il fattore con un peso statistico di gran lunga maggiore rispetto a qualsiasi altro fattore considerato come cancerogeno.
Più nel dettaglio riportiamo che nei 31 tipi di tumore esaminati ben 22 hanno un’incidenza esattamente correlata al tasso di divisione delle staminali; i restanti 9 avevano un’incidenza maggiore di quella calcolata statisticamente con il modello. Questa maggiore incidenza può essere dovuta ai “fattori di rischio” fra cui lo stile di vita, il contatto con agenti tossici o fattori ereditari (difetti genetici) o una combinazione di questi. Il primo gruppo, quello ampiamente maggioritario, viene indicato come “tumori random” ed include neoplasie che colpiscono aree e organi come cervello (gliosarcoma), collo,  midollare della tiroide, esofago, polmone nei non-fumatori, fegato, duodeno, pancreas, ovaio e testicolo, ed anche l’osteosarcoma (testa, femore, bacino) ed il melanoma.


 Il secondo gruppo, comprendente ad esempio le neoplasie correlate a papillomavirus, virus dell’epatite, o poliposi familiare al colon (FAP), viene denominato come “tumori deterministici“, per indicare la correlazione di questi a fattori di rischio predittivi. Per la verità l’espressione “deterministici” è abbastanza forzata, perché si tratta comunque sempre di un andamento di tipo statistico-probabilistico e perché, anche in questo caso le mutazioni spontanee sono cruciali e i fattori esterni sono un elemento sopravveniente. Dunque l’aspetto di determinismo scientifico è  un po’ problematico. In primo luogo si nota che l’impatto di tutti i fattori che la scienza medica ha finora indagato e individuato come “cancerogeni” hanno un qualche ruolo solo in un terzo dei tumori studiati (ovviamente lo studio non è esaustivo ma si tratta già di un campione statisticamente significativo); ed anche in questo caso si tratta in sostanza di concause, che quindi non rendono meno cruciale il ruolo delle mutazioni casuali. Gli stessi autori evidenziano come la prevenzione legata agli “stili di vita” possa essere utile solo contro certi tipi di tumori. In pratica l’unica speranza sarebbe data dalla “diagnosi precoce” (sic).  Già questo è sufficiente a far capire quanto il ruolo dell’oncologo ( o del biologo molecolare) ne risulti ridimensionato, dato che se le cose stanno così non si  può disporre di un modello predittivo-esplicativo delle cause dei tumori, su cui progettare delle strategie e terapie eziologiche; non sorprende pertanto che alcuni oncologi abbiano accolto malissimo questo studio. In sostanza di fronte a questi risultati viene da pensare se l’oncologo non sia nulla più che un notaio che prende atto della patologia neoplastica e autorizza la somministrazione di chemioterapici che in fondo sono un aggressione farmacologica non particolarmente specifica, hanno effetti devastanti sul malato e scarse prospettive di cura anche perché, malgrado qualche locale miglioramento delle prospettive di vita, enfatizzato con toni trionfalistici dalla stampa scientifica finanziata dai colossi farmaceutici, il cancro è ad oggi una patologia dall’esito infausto.Ma questo è solo un aspetto “sociologico” del problema.
Si impone infatti una riflessione assai più ampia di natura epistemologica. In primo luogo questo studio dovrebbe cominciare a far riconsiderare se non altro il “senso” di quello che per la medicina potremmo definire il ‘paradigma genetico’. Semplicemente si è deciso che tutte le patologie non causate da fattori patogeni esterni o infezioni, e la cui eziologia non sia di fatto conosciuta, le cosiddette patologie “primarie” o “essenziali”, devono avere una spiegazione o una causa genetica, riferibile ad un difetto genetico ereditario o acquisito. La formulazione più restrittiva di questo postulato identifica questo livello di causazione nel solo DNA codificante cioè nel 2 % circa dell’intero DNA – il resto essendo privo di significato secondo le attuali formulazioni della biologia. Si tratta di un assunzione aprioristica ovviamente ma, dato che in realtà tutti i “paradigmi scientifici” di fatto lo sono, non è questa la critica. Si tratta però di prendere coscienza del fatto che, nel solco di questo paradigma, la scienza ha di fatto fallito nel tentativo di cercare un modello causale del cancro. Del resto era già evidente che, malgrado la continua espansione delle conoscenze sui processi patogenetici di ogni singola linea tumorale, ogni tentativo di trovare un’interpretazione eziologica unitaria del cancro è miseramente fallito (l’ultima grande ipotesi generale, quella degli oncovirus e dell’origine infettiva del cancro, è stata abbandonata negli anni ’70, allorché si scoprì che molti degli stessi onco-geni virali erano già presenti nello stesso genoma umano probabilmente da migliaia di anni). In pratica, sebbene si conoscano con sufficiente dovizia di particolari i meccanismi patogenetici delle neoplasie, quelli eziologici ci sfuggono. La scienza, estremamente efficiente nell’andare verso l’analisi, si mostra molto in difficoltà nel trovare una formulazione sintetica – e di questo non c’è a stupirsi, in realtà. Così implicitamente, sulla base di un modello statistico, si ‘ripiega’ sul solito deus ex machina della mutazione spontanea. Che è sì una spiegazione, ma non lo è sino in fondo. Il primo ostacolo concettuale per cui questo modello esplicativo non è pienamente soddisfacente è che in realtà esso è anti-probabilistico. Si noti che gli autori parlano, forse un po’ per provocazione, di “cattiva fortuna” (bad luck, in inglese) e sulle implicazioni dell’uso di questo termine, che vanno assai oltre quello che gli stessi autori possono aver pensato coscientemente, tornerò più avanti.


  A ben guardare la dottrina della mutazione spontanea lascia sul campo delle grosse anomalie e quella relativa al cancro ne è una in più. La biologia evoluzionista usa questo argomento per giustificare l’emergenza di nuovi caratteri biologici, cosa in effetti reale ma di fatto osservata solo negli organismi più semplici o nei batteri, negli altri restando una mera ipotesi. Nella realtà non è così semplice far emergere una nuova caratteristica biologica: non basta una sola mutazione puntiforme, servono delle modificazioni in più punti di un gene per dar luogo “casualmente” ad una nuova proteina in grado di svolgere diversamente un certo compito biologico; se poi questa mutazione risultasse vantaggiosa evolutivamente diventerebbe stabile nel corso delle generazioni. Sta di fatto però che negli ultimi migliaia di anni non sono stati riscontrati dagli antropologi e dai biologi nuovi caratteri emergenti nella razza umana. Possiamo immaginare o anche osservare mutazioni del DNA ma non è in effetti stata osservata finora una mutazione spontanea in grado di determinare effetti macroscopici o l’emergenza di caratteri fenotipici innovativi nella razza umana (se si esclude ovviamente l’effetto teratogeno delle radiazioni ionizzanti ad altissima concentrazione come nelle zone colpite da catastrofi nucleari; si tratta in quel caso di mutazioni non spontanee né di condizioni presenti normalmente nella biosfera terrestre ma indotte artificialmente ed “estreme” rispetto all’omeostasi = equilibrio interno- dei sistemi viventi). Per il resto possiamo dire che non è statisticamente frequente osservare l’emergenza di nuovi caratteri fenotipici in organismi pluricellulari complessi, per effetto di “mutazioni spontanee”. Come può allora il cancro essere causato da queste mutazioni?
Si tenga conto che far emergere un tumore maligno non sarebbe poi così facile in termini genetici. A fronte di mutazioni che potrebbero avvenire in tutto il DNA codificante e potrebbero portare all’emergenza di nuovi caratteri genetici utili o meno (cosa che di fatto non avviene o almeno negli ultimi millenni non è avvenuta nella razza umana), l’insorgenza di un tumore potrebbe avvenire solo se la mutazione colpisse un gene onco-soppressore, di fatto inattivandolo, oppure attivando un gene pro-oncogeno, o meglio le due mutazioni insieme accumulate nello stesso gruppo di cellule. Ecco dove sta l’anomalia anti-probabilistica di questo approccio esplicativo. Non si spiega insomma l’alta diffusione dei tumori che compaiono in media in circa 12 milioni di individui l’anno e sono la principale causa di morte, insieme all’infarto, nella popolazione mondiale. Parafrasando il gergo usato dagli autori verrebbe da dire che la “sfortuna” ci vede allora benissimo! Gli scienziati tuttavia non sembrano preoccuparsi di questa anomalia. Eppure se un fenomeno è più frequente di un altro dovemmo supporre che vi sia una causa e cercare di individuarla. Un secondo ordine di riflessioni, anche più generali, può focalizzarsi sull’idea stessa di “caso” e di casualità, su quanto questa possa rientrare nel dominio dei fattori esplicativi di una scienza normale e su quanto ciò sia compatibile con il determinismo scientifico e con la nozione stessa di leggi naturali. In realtà ciò sarebbe una palese contraddizione del principio di ragion sufficiente che afferma: “Nihil est sine ratione”. Ovvero, non può sussistere nulla che non abbia una causa. Poiché però il caso viene fatto valere come una causa non-causa ciò crea delle difficoltà enormi, non solo sul piano concettuale in genere, ma anche su quello epistemologico e sull’idea stessa di “scienza”. Se il caso dovesse valere come ordine esplicativo e causale ciò vanificherebbe non solo la nozione generale di “leggi naturali” ma anche la possibilità stessa di scienza. In realtà la biologia, soprattutto in conseguenza dell’indirizzo ricevuto negli ultimi decenni dalle riflessioni filosofiche del premio Nobel J. Monod (autore del best seller “Il Caso e la Necessità”) ha accettato un’idea di “caso” antideterministica. Nel voler ricondurre l’evoluzione biologica a mutazioni spontanee e casuali ha di fatto posto le basi per una regressione anti-deterministica di sé stessa. Monod era seguace di un pensiero non solo laico-materialista ma dichiaratamente ateo. La necessità ideologica di escludere ogni causa finalistica dalla biologia ha portato ad accettare una nozione ‘massimalista’ del Caso, così radicale che per bandire l’idea di un “ordine divino” ha dovuto bandire l’esistenza stessa di un ordine tout court . Di fatto, per creare la propria metafisica materialista e farla collimare con  l’idea di ‘evoluzione’ ha dovuto postulare un universo anarchico che rende piuttosto problematico il fondamento della ricerca scientifica che presuppone l’esistenza di leggi universali, fondamento solo in parte recuperato con la nozione di Necessità che, nel pensiero di Monod, renderebbe stabili  – senza spiegare perché – le acquisizioni dell’evoluzione casuale. Sarebbe peraltro più corretto parlare di “invarianza” che di Necessità, ma anche qui ci si accorge che questa nozione è del tutto ridondante, dato che non impedisce la possibilità di nuove mutazioni: in sostanza è una “necessità” sempre pronta a convertirsi nel “caso” e dunque aleatoria. La nozione di “caso” sarebbe ancora compatibile con l’ammissione di leggi universali se queste leggi fossero deterministiche in senso statistico. Tale infatti è il caso della fisica che, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, ha sviluppato una meccanica statistica capace di prevedere in modo deterministico il comportamento di popolazioni ma non di singole particelle, come in termodinamica e successivamente nella fisica quantistica. Di ben diversa portata è quindi la nozione di ‘casualità’ nella fisica quantistica che formula ancora leggi deterministiche, sia pur ammettendo l’indeterminazione sullo stato di singole entità-particelle. Sebbene vi siano diverse interpretazioni filosofiche sul senso che ha il ‘caso’ in meccanica quantistica possiamo dire che per essa il Caso è ancora una misura legittima della nostra ignoranza, compatibile con la nozione di Ordine e con l’esistenza di leggi predittive, sebbene in una forma del tutto nuova per la conoscenza umana (leggi statistiche non individuali). La nozione “biologica” di Caso invece non ha gli stessi presupposti: i biologi che l’hanno sviluppata erano prevalentemente atei dichiarati, mentre i grandi fisici del XX secolo non lo erano ed avevano tutti in qualche modo dimostrato un profondo interesse per le questioni metafisiche ed una sensibilità quasi religiosa verso i problemi cosmologici. La nozione di “caso” in biologia è stata impiegata per escludere ogni finalismo ed ogni programma di ricerca o approccio metodologico che postulasse un paradigma finalistico. I biologi tendono anzi a rigettare il paradigma del “Disegno intelligente” addirittura come “pseudoscientifico”. È pur vero che sono dei biologi quelli che oggi sostengono una concezione finalistica della vita (pur senza aderire al “disegno intelligente” ingenuo in chiave teistica), parliamo di personalità come James Lovelock o il biochimico R. Sheldrake. Tuttavia la loro posizione è fortemente censurata dalla biologia ufficiale. Questa contrapposizione di sensibilità e di approccio fra fisica moderna e biologia si riscontra anche nel fatto che in generale i fisici non hanno nessun problema ad ammettere il postulato cosmologico detto Principio antropico, mentre questo viene accolto con una certa riluttanza dai biologi, dato che sembra sottendere l’idea di finalismo.


 La nozione di “casualità” come presupposta dalla biologia nega implicitamente qualsiasi programma di ricerca che implichi leggi generali dell’evoluzione, o una linea di sviluppo ed un ‘senso’ retto da un ordine nell’evoluzione. Cioè in ultima analisi non si vuole supporre l’esistenza leggi universali che guidano od “orientano” in qualche modo l’evoluzione.  Non c’è da stupirsi se questi presupposti hanno portato ad una ridondanza dei dati nel senso dell’analisi e ad una scarsa, se non nulla, convergenza nel senso della sintesi. Non solo manca una teoria unificatrice delle attuali conoscenze biologiche ma manca una comprensione generale dell’evoluzione e delle sue “leggi” tuttora non solo ignote, ma neppure postulate dalla biologia. La fisica quantistica non ha avuto questi problemi perché ha sviluppato un paradigma che pur lasciando l’indeterminazione sul singolo ha formulato leggi deterministico-probabilistiche sulle popolazioni. Vale la pena ricordare che mentre la fisica si è evoluta scrollandosi le concezioni meccanicistiche sette-ottocentesche della fisica classica, la biologia e la medicina sono ancora fortemente ottocentesche come visione di fondo, essendo ancorate ad una filosofia della natura che era quella positivistico-darwiniana. A parte il grande sviluppo di conoscenze acquisite, quanto a visione d’insieme la biologia attuale è un vero fossile vivente rispetto alla fisica e alla cosmologia, e in quanto a leggi generali essa non è andata molto avanti rispetto all’idea (a predittività 0) di “mutazioni casuali”. In biologia il Caso non è “la misura della nostra ignoranza” ma la cifra stessa dell’ignoranza e dell’incapacità di pensare leggi generali esplicative e predittive! Sarebbe il caso di cominciare a chiedersi cosa siano questi fenomeni (mutazioni) casuali, o più propriamente per noi apparentemente “casuali”. E di pensare se certi fenomeni casuali non siano retti da proprie “leggi”. Anche qui ci viene in aiuto, se non la fisica quantistica, almeno un certo suo presupposto metafisico. Come si sa è stato proprio un fisico quantistico, W. Pauli, a collaborare con C.G. Jung alla sistematizzazione rigorosa del Principio di Sincronicità. La Sincronicità é un principio in grado di permettere la comprensione di un ordine nei processi a-causali, cioè non deterministici, e dunque di far intravedere una legge, o un principio ordinatore sui generis, nei processi regolati dal caso. Una cosmologia inclusiva del Principio di Sincronicità sarebbe anche in grado di  conciliare il determinismo con la libertà, senza che questa significhi mancanza di una Legge ordinatrice. La nozione di sincronicità, soprattutto se “spiegata” in termini di risonanza morfica, può svolgere questo ruolo paradigmatico per un nuovo tipo di ricerca, volta ad indagare i principi ordinativi anche dietro la trama dei processi casuali e spontanei. Per arrivare a ciò occorre però quel mutamento concettuale e “coscienziale” del mondo scientifico che ho auspicato in un mio precedente articolo, e che è ancora molto lontano. Del resto se analizziamo l’espressione usata da Vogelstein e Tomasetti notiamo che essi parlano espressamente di fortuna (ingl. luck). Sicuramente hanno voluto giocare con una sorta di provocazione, dato che il termine da loro impiegato appartiene al linguaggio ordinario e al senso comune, ma non certamente al dominio scientifico. Il fatto che lo abbiano usato può però essere segnale di qualcosa di più…di un non voluto “lapsus freudiano” degli estensori dell’articolo che sono stati portati, forse dal loro inconscio, ad esprimere più di quello che rientra nei limiti semantici della parola “caso”. La Fortuna non è esattamente il “caso”, ed ha una portata metafisica maggiore. La Fortuna per gli Antichi era il principio metafisico che regolava le distribuzioni casuali, era dunque esattamente la stessa idea, esposta sopra, di ‘principio ordinatore’ dei fatti o variazioni casuali. Nella concezione degli antichi e nelle cosmologie tradizionali vi erano “forze”, collettivamente dette Fortuna, che regolavano fatti di ordine inferiore e anche gli spazi lasciati vuoti dal Destino (o Fato) che potremmo invece correlare alla nozione di Necessità, il cui riflesso analogico vediamo in atto nelle “leggi naturali”. La nozione di Fortuna non è un concetto banalmente neutrale; essa presuppone anzi – come anche l’idea junghiana di Sincronicità- un tropismo e una “direzionalità” di tipo psicologico e psichico (presenti nella definizione stessa di sincronicità), come è evidente anche dal fatto che essa può essere ‘buona’ o ‘cattiva’. Retti dalla Fortuna, i fenomeni “casuali” sarebbero saturabili di significati psichici, diventerebbero dei fatti sincronici.  Si è trattato probabilmente di una semplice provocazione degli Autori, tuttavia è un pericoloso autogol per la scienza riduzionistico-materialistica. Se si fossero limitati a parlare di “caso” non sarebbe stato così, ma scivolando sul termine “fortuna” ( che poi rimanda all’altro polo: quello di “destino”) essi non sono andati molto lontano dall’incappare nozione etico-metafisica del karma! È immaginabile che forse la scienza si stia di nuovo avvicinando al limite di cui ho parlato nel mio articolo precedentemente citato? Mi limito a prendere prendere atto di pochi dati essenziali: una teoria generale sulla de-differenziazione cellulare neoplastica non esiste (non sappiamo a quale ‘programma biologico‘ corrisponda il tumore).
I fattori deterministici sinora noti come sue cause sono stati fortemente ridimensionati da uno studio di meta-analisi. L’insorgenza di gran parte dei tumori ha una frequenza correlabile a quella della divisione cellulare (più una cellula si divide più rischia di sbagliare nel replicare il DNA).
Ciò implicherebbe che la causa ultima delle neoplasie sarebbero le mutazioni spontanee, sebbene in realtà questo vada ad impattare con una anomalia di non poco conto: come mai le mutazioni spontanee causano così frequenti tumori, ma non hanno finora causato l’apparire di altre nuove caratteristiche fenotipiche, che dovrebbero essere alla base della selezione evolutiva, ma di cui finora non è stato mai osservato e registrato un solo caso negli organismi superiori? Perché i nostri programmi biologici trovano più facile autodistruggerci che non far emergere nuove caratteristiche evolutive?
Il fatto che gli Autori abbiano impiegato un termine denso di significati etico-metafisici potrebbe aggiungere un elemento di riflessione in più, circa l’avvicinamento ad un limite critico. Ultimerei questa serie di riflessioni passando a critiche molto più concrete, osservando che purtroppo al momento la ricerca accademica non ha mai programmato esperimenti per osservare la correlazione fra insorgenza dei tumori ed eventi traumatici o esperienze psicologicamente stressanti del tipo di quelli ipotizzati come cause di tumori nella Nuova Medicina dal dr. Ryke Hamer. Eppure si tratterebbe di processi ed eventi facilmente “parametrizzabili” e controllabili; inoltre le cinque leggi biologiche ipotizzate nella Nuova Medicina da Hamer sono leggi del tutto scientifiche perché controllabili, postulano relazioni di tipo esclusivamente fisico di interazione psico-somatica e non coinvolgono concetti non ammessi dalla scienza quali ad esempio quelli di “energie sottili”. I biologi tuttavia non riescono a pensare nulla al di fuori dello schema mutazioneDNA-tumori o fattori di rischio-tumori. I fattori psicologici non sono neppure presi in esame per delle ricerche statistiche eppure: la correlazione psiche-soma sembra normalmente accettata persino dalla medicina ufficiale dopo che la correlazione è stata spiegata in termini PNEI (psico-neuroendocrino-immunologia)
La particolare formulazione delle leggi di Hamer rende facilmente oggettivabili i traumi psicologici riconducendoli a semplici e circostanziati “eventi”, e dunque facilmente manovrabili in termini di parametrizzazione statistica. Malgrado ciò nessuno studio statistico finora ha voluto includere gli aspetti psicologici fra i fattori di rischio. La biologia – e in questo anche la ricerca oncologica – si trova indietro di decenni rispetto sia al sentire comune, sia alla sensibilità generale di buona parte dell’umanità, ed anche all’esperienza clinica non solo di coloro che praticano la “medicina alternativa” o “non convenzionale” ma anche i tanti medici che hanno ormai compreso ed accettato il modello psicosomatico. Gli studi clinici tuttavia restano ancora al paradigma biologico-molecolare e meccanicista, restringendo così il campo di ricerca ad un livello di complessità inferiore a quello in cui andrebbe condotta una ricerca di natura psico-somatica.
E se le mutazioni spontanee fossero non esattamente casuali e correlate non a delle semplici  “fluttuazioni statistiche” imputabili a errori meccanici delle DNA-polimerasi ma agli eventi traumatici o agli stati psichici dei pazienti? Se ci fosse una correlazione sincronica fra quei fenomeni “casuali” e i processi psichici, ad esempio secondo un modello di “risonanza morfica” fra il campo psichico dell’organismo umano e l’attività di proteine ed enzimi? In un altro mio articolo su epigenetica e campi morfici avevo sintetizzato alcuni argomenti che sosterrebbero l’ipotesi di una genetica (ed epigenetica) funzionante anche secondo la nozione ‘complessa’ di risonanza morfica e non solo secondo meccanismi meccanicistici oggi ammessi dalla biologia molecolare.

Fintanto che la scienza medica e la biologia non si apriranno a un dimensione di “complessità” in più ( il concetto di complessità è già un paradigma scientifico per la fisica), lo scollamento fra gli studi e l’esperienza clinica di chi opera con la medicina psicosomatica, ed anche fra il sentire collettivo dell’umanità che sta sviluppandosi , da un lato, e dall’altro un mondo di ricercatori accademici sempre più autoreferenziali  diventerà sempre più grande, e forse continuerà a confermare lo ‘stallo’ che uno studio come questo ha rivelato.


Bibliografia

Johns Hopkins Medicine. (2015, January 1). ‘Bad luck’ of random mutations play predominant role in cancer, study shows. Science Daily. Retrieved January 11, 2015 from http://www.sciencedaily.com/releases/2015/01/150101142318.htm
Tomasetti, C., & Vogelstein, B. (2014). Variation in cancer risk among tissues can be explained by the number of stem cell divisions. Science,347(6217), 78-81. Retrieved January 11, 2015, from http://www.sciencemag.org/content/347/6217/78.full
Bad Luck of Random Mutations Plays Predominant Role in Cancer, Study Shows. (2015, January 7). Johns Hopkins Medicine News and Publications. Retrieved January 11, 2015.
J. Monod,  “Il Caso e la Necessità”, Mondadori, 1970.
W.Pauli, C.G. Jung, “Psiche e Natura”, Adelphi,2006.


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