IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

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GdM

lunedì 29 febbraio 2016

TEMPO + PENSIERO = CONSAPEVOLEZZA: IL PIU' GRANDE TESORO CHE POSSEDIAMO ! ECCO PERCHE' VOGLIONO PORTARCELO VIA!



Segnalato da: GIANLUCA VIAPPIANI ((CENTRO CULTURALE DI RICERCHE ESOBIOLOGICHE GALILEO)

“Ci rubano il tempo per non farci pensare. Ecco il grande complotto”


“...La sottrazione del nostro tempo è mirata a trasformare l’uomo in consumatore: l’essere umano pensante deve essere trasformato in consumatore. Meno si pensa, e più si consuma. Il miglior consumatore è quello non pensante. Quindi, sottraendovi il tempo, voi non pensate. In tempi andati, fino a 70-80 anni fa, la gente teneva dei diari. Quella di racchiudere delle cose in un racconto è un’esigenza naturale dell’uomo, una narrazione destinata anche a se stessi. E quella stessa narrazione era un modo anche per pensare – perché non è che si pensa in compagnia, si pensa da soli. Il pensiero, l’introspezione, è individuale. Si può pregare in compagnia, ma non pensare. Il pensiero è veramente la radice della nostra essenza. Se un grande filosofo come Cartesio ha scritto “cogito ergo sum” (penso, dunque sono) ci sarà pure un motivo, no?”

"...Resta però il fatto che, se facciamo la somma del tempo sottratto, a tutti quanti, scopriamo che tutti gli espedienti sono indirizzati alla sottrazione del tempo. La sottrazione del tempo opera attraverso un concetto che si chiama “astrazione del gesto”: è il modo in cui si sono fondate tutte le operazioni di business criminale dell’umanità.”

…continua la lettura qui:



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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
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venerdì 26 febbraio 2016

IL GRANDE IMBROGLIO !




la denuncia dimenticata ed ignorata di Philip Marshall.

...A PROPOSITO DEGLI ATTENTATI DELL'11 SETTEMBRE 2001

L’accusa: i terroristi arabi furono addestrati al volo sui Boeing di linea nell’aeroporto della CIA a Pinal Airpark, nel deserto dell’Arizona. La verità nelle 28 pagine di un capitolo della Commissione d’Inchiesta del Congresso che nemmeno il presidente Obama vuole desegretare.

di Rino Di Stefano

“…Soltanto una coraggiosa recensione dell’ultimo libro di Marshall (Was It Murder? Philip Marshall, Author of ‘Big Bamboozle’, Dead) del 15 Marzo 2013 (Fu un omicidio? Philip Marshall, autore del ‘Grande Imbroglio’, morto) affronta, pur con la dovuta cautela, quelle che furono le accuse lanciate da Marshall. Autore di quella recensione è William F. Wertz, Jr., un giornalista che a un mese dalla strage in casa Marshall, cercò di analizzare quelli che potevano essere i probabili motivi di questo efferato fatto di sangue. Dal momento che ho letto per intero gli ultimi due libri di Marshall, vorrei cercare di mettere a fuoco questo personaggio avvalendomi sia del lavoro di Wertz, sia dell’analisi dei contenuti di quei libri. La prima cosa da dire è che, come è stato ampiamente pubblicato nel 2013, un ex ufficiale della National Security Agency (NSA) americana, Wayne Madsen, durante una trasmissione televisiva condotta da Kevin Barrett, fondatore della “Muslim-Jewish-Christian Alliance” (Alleanza Musulmana-Ebrea-Cristiana) disse con molta chiarezza che, secondo lui, Marshall e i suoi figli furono uccisi da un sicario della CIA, in quanto lo scrittore aveva trovato documenti altamente compromettenti per il governo Bush e stava per pubblicarli in un nuovo libro. Versione, quest’ultima, che venne poi ribadita dallo stesso Kevin Barrett in un’intervista alla Press TV. Siamo, ovviamente, nel campo delle ipotesi. Anche perché mancano prove certe per poter affermare che Marshall e i suoi ragazzi siano stati davvero uccisi da un assassino legato alla CIA. Anche se il modus operandi (un solo colpo alla testa per ognuno, cane compreso) farebbe sospettare la presenza di un killer professionista. Vediamo, invece, quali potrebbero essere realmente le ragioni perché qualcuno nel Governo USA avrebbe potuto desiderare l’eliminazione fisica di Philip Marshall…”

LEGGI L’ARTICOLO INTEGRALE QUI:


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martedì 23 febbraio 2016

L'ARCA DELLA TRIBU' PERDUTA DEI LEMBA




SEGNALATO DA GIANLUCA VIAPPIANI (CENTRO CULTURALE DI RICERCHE ESOBIOLOGICHE GALILEO)

Fonte: sito di consulenza ebraica

L’Arca della tribù perduta dei LEMBA

Non tutti sanno che di arche ne esistevano anche copie. Alcune avevano una forma più piccola, venivano portate in battaglia sostenute sempre con due pali e avevano le stesse proprietà. Una era in possesso dei Lemba, una delle tribù scomparse di Israele. I Lemba sono stati scoperti e studiati da poco tempo, tuttora hanno usanze ebraiche e nella maggior parte di loro è stato scoperto un gene del DNA della tribù sacerdotale dei  Cohen, inoltre il loro DNA differisce completamente dalle altre popolazioni vicine.
Le copie dell'arca chiamate «ngoma» venivano portate in battaglia e sembra avessero le stesse caratteristiche e poteri dell'originale. La forma era differente, una specie di grosso catino o tamburo sorretto da due aste perchè non poteva toccare terra. Attualmente l’arca dei Lemba è custodita nel museo di Scienze umane ad Harare in Zimbawe. La riscoperta dei lemba si deve al Professor  Tudor Parfitt, docente presso la prestigiosa School of Oriental and African Studies di Londra, che nel 1999,  grazie all'analisi del Dna, aveva identificato la tribù scomparsa dell'Africa meridionale come una diretta discendente della stirpe sacerdotale israelita dei Cohen. Ora Parfitt, partendo dalla credibilità di quel marcatore genetico scoperto nei Lemba ha approfondito le loro tradizioni orali, in cui ricorre un oggetto a forma di tamburo chiamato «ngoma lungundu» usato per custodire oggetti rituali e dotato di proprietà quasi divine. Particolare cruciale: il contenitore era montato su staffe inserite in appositi anelli. Come l'arca, era troppo sacro per toccare il terreno ed emetteva un «fuoco di Dio» in grado di uccidere i nemici e, occasionalmente, anche gli stessi Lemba. Un anziano Lemba ha raccontato a Parfitt: « L'arca, veniva dal tempio a Gerusalemme. L’abbiamo portata qui in Africa». La tesi, contenuta nel libro che il professore ha pubblicato nel 2009 presso HarperOne, «The Lost Ark of The Covenant: Solving the 2,500-Year Mystery of the Fabled Byblical Ark»


 e in un documentario di History Channel, ritrasmesso sui canali satellitari Sky proprio nei giorni scorsi (ndr – MLR). Parfitt ha ri-trovato ( con non poca difficoltà ed anche pericolo personale),  il misterioso catino -tamburo con il fondo bucato e annerito da bruciature sul quale erano evidenti i resti di anelli sui lati e un rilievo di canne incrociate che secondo lui rimanda a un particolare dell'Antico Testamento, nel museo di Scienze umane ad Harare in Zimbawe.



 La tradizione Lemba sostiene che lo «ngoma» originale si sia auto-distrutto circa 400 anni fa, ed è stato successivamente ricostruito dai sacerdoti della tribù sui suoi stessi resti: «Non ci sono molti dubbi che l'oggetto ritrovato sia l'ultima cosa sulla Terra che discende direttamente dall'arca di Mosè», dice il professore. Nella tradizione orale della tribù africana si venera una località chiamata Senna. Parfitt l'ha trovata: è una città sepolta nello Yemen. Da qui, ipotizza lo studioso, la tribù d'Israele emigrata sarebbe in qualche modo diventata custode dell’Arca intorno all'VIII secolo dell'era cristiana (quando, secondo alcune testimonianze, essa si trovava in Arabia), e sarebbe poi stata portata in Africa via mare seguendo la costa.



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venerdì 19 febbraio 2016

LE ONDE GRAVITAZIONALI, SONO STATE RILEVATE …SI…NO…FORSE E’ STATO RILEVATO QUALCOSA DI DIVERSO ?


…PER IL MOMENTO NON CI PRONUNCIAMO ASPETTIAMO CHE PASSI QUESTO MOMENTO COSI’ EUFORICO, SENSAZIONALISTICO E A VOLTE QUASI RIDICOLO, 
PENSANDO A QUANTI HANNO RIPORTATO LA NOTIZIA SENZA SAPERE IN REALTA’ NULLA DELLA SUPPOSTA “SCOPERTA” E DELLE EVENTUALI (MOLTO IPOTETICHE) IMPLICAZIONI. E' CURIOSO, PER ALTRO, NOTARE ANCHE IL "TEMPISMO OPPORTUNO", CON CUI GLI INTERFEROMETRI TERRESTRI LIGO (laser interferometer gravitational-wave observatory) E VIRGO, DOPO DECENNI DI SONNO PROFONDO, ABBIANO BATTUTO SUL TEMPO IL SATELLITE ESA "LISA PATHFINDER" LANCIATO IL 3 DICEMBRE 2015 PROPRIO PER LA CATTURA DELLE ONDE GRAVITAZIONALI NELLO SPAZIO...MA IN DIVERSI MI HANNO GIA' RIMPROVERATO:  "A PENSARE MALE  SI FA PECCATO! "
SI HO RISPOSTO...MA SPESSO CI SI AZZECCA !

PER CERTI ASPETTI UN “déjà-vu”... QUANDO A SUO TEMPO, SI SCRISSE DI TUTTO E DI PIU’ SUL BOSONE DI HIGGS… MA QUANTI OGGI SANNO FINO IN FONDO LA VERITA’ ?  
QUANTO SU TUTTO CIO’ PESANO I “MILIARDI” DI EURO E DI DOLLARI SPESI E ANCORA (IN MOLTI CI SPERANO) DA SPENDERE ?

NON VOGLIO DILUNGARMI OLTRE, SU QUESTI ARGOMENTI, NEL 2014 HO SCRITTO UN LIBRO, PER CHI VUOLE SENTIRE ANCHE “CAMPANE DIVERSE”: L’UOMO KOSMICO – ED. OMPHI LABS 2014 http://www.omphilabs.it/prod/L-UOMO-KOSMICO.htm

… COMUNQUE SIA IL TEMPO CI DIRA’ LA VERITA’.

VI LASCIO CON L’INTERESSANTE PARERE, RILASCIATO QUALCHE GIORNO PRIMA DELLA NOTIZIA SULLE ONDE GRAVITAZIONALI,  DAL PROF. FERNANDO FERRONI, PRESIDENTE DELL’ INFN – ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE.

BUONA LETTURA

MLR

Fonte: La Stampa

GRAVITÀ:. È ANCORA COSÌ MISTERIOSA CHE CI VORREBBE UN NUOVO EINSTEIN

“L’origine e la natura di qualcosa che sperimentiamo in continuazione, senza rendercene quasi conto: la gravità. Quella che svelò Einstein non è una forza, ma una realtà più sofisticata”.

Einstein è scomparso, la Relatività è in ottima salute e ci servirebbe un altro Einstein. Sembra strano, eppure, nonostante i fisici in circolazione (l’80-90% cento di tutti quelli esistiti nella storia), siamo andati a sbattere contro un muro, scientificamente parlando. L’ha spiegato Fernando Ferroni, presidente dell’Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare. Ma con il sorriso degli scienziati, convinti che non ci siano misteri che non possano essere svelati. «Einstein non ha osservato, ha pensato». (“La gravità è pensiero” cit. del Fisico Dr. Massimo Corbucci – ndr MLR).

E nell’era della Big Science – degli esperimenti giganteschi, come quello iconico di Lhc, l’acceleratore di particelle al Cern di Ginevra – la frase suona spiazzante. Prima dei test nei laboratori e degli scontri tra protoni  ci vuole il salto quantico dei neuroni. Ecco perché un nuovo Einstein ci farebbe comodo. Ma per scoprire cosa? L’origine e la natura di qualcosa che sperimentiamo in continuazione, senza rendercene quasi conto: la gravità. Quella che – svelò Einstein – non è una forza, ma una realtà più sofisticata. Un «pezzo» dello spazio-tempo, nel quale i corpi si attraggono non perché si tirano l’un l’altro, ma perché la massa curva e deforma sia lo spazio sia il tempo, «obbligando» pianeti e stelle ai movimenti che conosciamo. Peccato che la spiegazione einsteniana lasci molti interrogativi irrisolti e, quindi, per la gioia dei fisici c’è ancora tanto lavoro da fare. E allora da dove partire? «Se la gravità è intrecciata allo spazio-tempo, in un unico “oggetto”, il problema è che la meccanica quantistica con quelle equazioni di Einstein non c’entra proprio». Tradotto: non possediamo evidenze che lo spazio-tempo sia una realtà quantizzata e che la gravità sia quantizzabile, ma vediamo (e misuriamo) gli effetti della gravità stessa, per esempio quelli, tutto sommato deboli, nella quotidianità.

«Il punto – aggiunge Ferroni – è che l’intreccio si è verificato alle origini dell’Universo, quando lo spazio-tempo aveva le stesse dimensioni, minuscole, nelle quali la meccanica quantistica domina. Ma noi, oggi, non riusciamo a vedere le conseguenze dei suoi fenomeni, anche se li sfruttiamo, come succede con lo smartphone, mentre la gravità sa benissimo come rendersi visibile. Per esempio facendo ruotare la Terra intorno al Sole». Ecco una frontiera aperta. «Si può pensare liberamente. C’è chi si spinge a ipotizzare anche 12 dimensioni. Se è vero che in fisica classica ciò che è vietato è vietato, nel mondo estremo dell’infinitamente piccolo molto è comunque permesso». All’interrogativo se saranno i super-acceleratori di particelle a svelare l’arcano Ferroni risponde di no. «Con queste macchine raggiungiamo energie molto alte, risalendo indietro nel tempo. Però non arriviamo al momento in cui la gravità era una forza importante. Ci fermiamo a un miliardesimo di secondo dopo il Big Bang e a questo punto la gravità era già cambiata». I fisici traducono la soglia con un enigmatico «10 alla meno 30 secondi». Che fare, quindi? Aggiunge Ferroni che non ci si deve disperare. «Einstein, lo ricordo, non ha risolto le sue equazioni partendo da dati sperimentali. La Relatività l’ha risolta pensandola. E confido in questa risorsa – il pensiero – per scavare nell’apparente dicotomia tra Relatività e meccanica quantistica. Una questione di cui, d’altra parte, lo stesso Einstein non è venuto a capo. La verità è che dalla sua epoca a oggi non abbiamo fatto nessun significativo progresso: siamo di fronte a un problema concettuale. Siamo, in poche parole, alla filosofia della scienza». Nell’attesa di ideare una guida che ci accompagni nell’Universo, con un credibile modello di funzionamento, ci sono altri misteri che, invece, la Big Science è decisa ad affrontare a viso aperto. Come quello – sebbene su una scala diversa dalla joint venture Relatività&meccanica quantistica – della materia oscura. Nel mese di novembre del 2015 è stato inaugurato nei Laboratori del Gran Sasso l’esperimento Xenon 1T, che – sottolinea Ferroni – «cerca la materia che costituisce all’incirca l’80% di quella del cosmo e che tuttavia non sappiamo cosa sia. Di sicuro è figlia degli stessi meccanismi che hanno dato origine alle altre particelle e ci darà informazioni importanti. Quando l’avremo identificata, potremo stilare la carta d’identità di questo alieno e forse ricrearla in laboratorio». Intanto Lhc (Large hadron collider) è ripartito e «cerca nuove particelle, al di là di quelle che conosciamo». Ecco un’ulteriore sfida, che potrebbe generare allo stesso tempo nuove risposte e nuove domande. «Il Modello Standard della fisica è completo. E quindi dovremo spiegare – con gli esperimenti Atlas e Cms – come e perché quelle eventuali particelle esistono, mettendo insieme una costruzione complementare». Questo è il futuro prossimo, mentre è cronaca la partenza, il 2 dicembre, del satellite Lisa-Pathfinder. Sarà un test del test: metterà a punto l’high tech per l’osservatorio spaziale con cui catturare le onde gravitazionali, vale a dire le radiazioni (previste dalla Relatività) emesse da masse accelerate. «Ecco un altro problema che Einstein ci ha lasciato e che sarebbe straordinario risolvere nel centenario». Le onde si intercettano con strumenti noti come interferometri. Qui, sulla Terra, ne esistono già e sono le mega-strutture Ligo e Virgo. Cercano un tipo particolare di quei segnali, figli di catastrofi cosmiche, tipo un buco nero che divora una stella o una supernova che collassa. «Nello spazio, invece, dovrebbe essere possibile intercettare le onde degli inizi, quando – come dicevo – la gravità era accoppiata alla meccanica quantistica. E a quel punto cominceremo a capire. Sarà, finalmente, l’esperimento che ci dirà in che direzione andare per combinare Relatività e meccanica quantistica». In attesa di un nuovo Einstein.



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martedì 16 febbraio 2016

SILICIO ALIENO o ALIENI AL SILICIO ?




di  Giorgio Pattera

Una delle contestazioni più frequenti che gli ultra-scettici rivolgono, non senza fondatezza, agli studiosi di esobiologia è la mancanza, a parer loro, di “prove concrete” sull’effettiva interazione fra presunte entità aliene ed il nostro pianeta. Questo perché (ed “una tantum” siamo d’accordo) sia i resoconti dei testimoni, anche i più attendibili, sia le immagini fissate da fotocamere o videocamere non possono essere considerate conferme assolutamente probanti, anche se con gli attuali software informatici è possibile verificare la genuinità o meno degli avvistamenti.  A questo proposito va ricordato che sono numerosi a livello mondiale i rapporti di UFO-crashes, ma veramente pochissimi risultano confortati da prove tangibili che, al di là delle astronavi “viti & bulloni” tanto care alla science-fiction degli anni ’50, abbiano dimostrato l’inconfutabile presenza sul suolo terrestre di elementi o materiali decisamente “alieni” (dove il termine alieno va interpretato nella sua accezione originale latina: diverso da…). Prescindendo dai frammenti del caso Roswell, sui quali l’intreccio “testimoni civili / apparati militari e governativi di copertura” ha fatto scrivere tutto ed il contrario di tutto, i più noti campioni metallici residuati da presunti impatti UFO / suolo terrestre rimangono ancor oggi quelli relativi al caso di Ubatuba (Brasile, 1957). Malauguratamente la solita banda del “buco nero” (nel senso che i laboratori brasiliani e statunitensi incaricati delle analisi, pur avendone accertata la composizione in magnesio puro quasi al 100 %, non li hanno mai restituiti) li fece sparire, con la connivenza – si dice – dello stesso Jacques Vallée, uno dei più seri e competenti ricercatori in campo ufologico, che tuttavia negli ultimi tempi sembra aver compiuto, più o meno spontaneamente, una clamorosa quanto inattesa inversione di marcia. Raramente, dunque, i risultati delle analisi effettuate sui frammenti rinvenuti sui luoghi dei presunti “incidenti UFO” sono stati resi noti all’opinione pubblica. Uniche eccezioni sono quelle che andiamo ora ad elencare.

Dalnegorsk (a nord di Vladivostok), costa russa del Pacifico, Mar del Giappone, 29 gennaio 1986, ore 19:55:

Citiamo testualmente dal rapporto del Dr.Valery Dvuzhilny, responsabile della Commissione dell’Estremo Oriente sui Fenomeni Anomali : «Gli abitanti della cittadina osservarono una sfera arancio-rossastra, grande quanto una mezza luna, che volava parallela alla superficie terrestre provenendo da sud-ovest, ad un’altitudine di 700-800 metri. L’oggetto procedeva, nel più assoluto silenzio, ad una velocità (cronometrata) di 15 m/sec. e durante il percorso non cambiò mai direzione o altitudine, né presentò alcuna angolazione di caduta. La strana sfera luminosa sorvolò il monte Izvestkovaya (o Collina 611: nella cartografia russa le colline e le montagne sono segnate in base all’altitudine), poi bruscamente virò di 60-70 gradi in basso, verso la scogliera, ove precipitò e continuò a bruciare per oltre un’ora». Nella sede dell’impatto, infatti, furono riscontrati evidenti segni di combustione, causati da alte temperature, oltre a numerosi frammenti di metallo. I reperti furono analizzati da diversi laboratori dell’ex-URSS e da 11 Istituti di Ricerca della Federazione. I risultati, resi pubblici sul quotidiano “Socialist Industry” (ora “Rabochaya Tribuna”) grazie al clima sociologico-innovativo introdotto dalle riforme politiche – Glasnost & Perestroika – volute da Gorbachev, furono unanimi: si trattava di prodotti di alta tecnologia e non di elementi di origine naturale o terrestre. Questo perché Petukhov e Faminskaya, membri del Council of Scientific and Engineering Sciences Commission on Paranormal Events, isolarono nelle lamine rinvenute nella sede dell’impatto quasi tutti gli elementi chimici dell’intera tavola periodica del sistema di Mendeleev, in cui il silicio aveva la parte preponderante (20%).

 Kadima (Israele), settembre 1997:

Nella traccia al suolo lasciata in seguito all’atterraggio d’un presunto oggetto volante non identificato, vengono rinvenuti alcuni frammenti d’apparente consistenza metallica. Uno di questi, nel corso del 13° Simposio Mondiale di S.Marino del marzo 2005, viene consegnato al sottoscritto, Biologo e responsabile tecnico del Comitato Scientifico del CUN, che provvede a sottoporlo alle opportune analisi. Ne risulta che il frammento in questione è costituito da Silicio al 53.3 %, da Ematite al 44 %, da Fluorite e Quarzo-al 1.3 %. Tuttavia nel grafico difrattometrico c’è un picco (in corrispondenza dell’angolo 2  = 47.580) che l’apparecchiatura (Philips Analytical X-Ray) non è riuscita ad identificare (isotopo sconosciuto del silicio ?).

Connecticut (USA), agosto 1998:

Nel corso di un’intervista rilasciata alla giornalista Paola Harris, il Dr.Michael Wolf (plurilaureato e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze) le consegna alcuni frammenti apparentemente metallici (a suo dire d’origine extraterrestre) rinvenuti dopo un UFO-crash e dallo stesso esaminati per conto della NSA (National Security Agency), la cui fonte di provenienza tuttavia deve considerarsi riservata. Wolf precisa inoltre che le analisi effettuate negli USA sugli stessi frammenti hanno diagnosticato una purezza in Silicio del 99.99 %, con la presenza dello 0.01 % d’un isotopo non terrestre. Portati in Italia per le analisi, i frammenti vengono consegnati a due laboratori: uno presso l’Università di Pisa, l’altro ad un centro specializzato nella produzione di semiconduttori ad alta tecnologia per impieghi militari (missilistica) dell’Aquila. Due i referti stilati, ma entrambi concordano nel dichiarare “di non aver mai visto nulla di simile”. In particolare, l’Ing.Luciano Pederzoli, dell’Università di Pisa, nella sua perizia afferma che “si tratta indubbiamente di silicio, ma non si è in presenza d’un superconduttore, in quanto gli atomi sono posti in modo estremamente disordinato, come se fosse stato sottoposto ad altissime temperature, che hanno portato il materiale ad una rapida ebollizione seguita da un altrettanto rapido raffreddamento”. Se si considera che il silicio raggiunge la temperatura d’ebollizione a 3.265 °C, non c’è da meravigliarsi che lo stesso Pederzoli abbia rilevato nei frammenti alcuni micro-fori, del diametro di frazioni di millimetro per qualche cm. di lunghezza, probabilmente derivati dalla formazione di bolle di gas di silicio, espulse dalla massa metallica a causa dell’elevatissimo shock termico subìto. Una specie di “effetto-cometa”, per esemplificare. L’analista aggiunge che, oltre al Silicio, i frammenti contengono anche un’esigua percentuale di altri elementi, in corso d’identificazione.


SUL FRAMMENTO "WOLF" E' POSSIBILE CONSULTARE :

http://mauriziobaiata.net/2016/01/18/2736/

RILIEVI C.E.V. (Campo Energetico Vibrazionale) –su un frammento di presunto impianto in silicio relativo al “caso Wolf”.  Test eseguiti a Roma e Bologna -  febbraio – marzo 2015 - CTA (Consulente Tecnico Ambientale) DANIELE GULLÀ:
https://mauriziobaiatadotnet.files.wordpress.com/2015/06/gulla-rilievi-silicio-caso-wolf-1.pdf

Torre Pellice (TO), febbraio 2000:

In occasione del sopralluogo condotto presso una famiglia della zona collinare torinese, allo scopo di verificare la realtà di presunti contatti del 4° tipo sostenuti da un componente del nucleo familiare stesso, ebbi modo di osservare un frammento di minerale a me sconosciuto. Questo mostrava in apparenza  caratteristiche metalliche, ma era notevolmente più leggero (rispetto alla massa); inoltre la superficie, pur non essendo perfettamente “piana”, appariva lucida e riflettente (tipo cromatura o acciaio inossidabile), come quella dell’ematite levigata, ma molto più chiara. Presentava anche numerosi micro-fori, sparsi qua e là senza un criterio di disposizione, come i forellini di tarlo nei mobili antichi. Incuriosito dalla visione di quello strano campione, chiesi al testimone la provenienza di quel reperto e candidamente mi fu risposto che “gli era stato offerto dagli alieni come prova concreta dell’avvenuto contatto fra  extraterrestri ed umani”.


Sempre più incuriosito, chiesi allora il permesso di staccarne un frammento, per poterlo sottoporre ad opportune indagini (è l’imperativo categorico di ogni uomo di scienza, indipendentemente dalla giustificazione sulla provenienza del presunto metallo, tutta da verificare…).  Ottenuto un tranquillo quanto inatteso assenso in merito, mi apprestai a frantumarne un angolino, ma l’operazione si rivelò subito molto più difficoltosa del prevedibile. Dopo ripetuti quanto inutili tentativi iniziali con un martello da geologo, interponendo un panno per non inquinarne la superficie, dovetti ricorrere ad uno scalpello d’acciaio; ma anche così la punta dell’attrezzo “scivolava” sulla superficie liscia del campione, come un pneumatico su marmo bagnato. Finalmente la punta dello scalpello riuscì ad incunearsi in una nicchia corrispondente ad una linea di frattura e così potei staccarne un frammento, che all’analisi difrattometrica eseguita presso un laboratorio del CNR si rivelò SILICIO PURO al 98.36 %, con tracce di Fluorite e Calcite in ragione dello 0.81 % ciascuna.






 Inutile ricordare che in natura non esiste il Silicio allo stato quasi puro come quello in oggetto: nella crosta terrestre, infatti, il silicio non si trova mai allo stato elementare, ma sempre combinato sotto forma di sìlice e di silicati. Quando diciamo “in natura”, comprendiamo anche le meteoriti, che fanno parte del Sistema Solare come la nostra Terra. Il silicio, in lega col ferro a formare i siliciuri, è il costituente di particolari meteoriti, le olosideriti : in una delle più notevoli (del tipo nelsonite), scoperta nel 1847 a Seeläsgen, venne riscontrata una percentuale di silicio del 1.16 %.   Non entro nel merito se possa corrispondere a verità o meno quanto riferito dal testimone, circa la “consegna” del frammento da parte di presunte entità aliene. Come uomo di scienza, già il dato di fatto che mi si presentava, vale a dire l’estrema purezza del campione, era più che sufficiente per stimolarmi ad effettuare ulteriori indagini, ad esempio quelle sulla conducibilità elettrica. Da questa è emerso, fra l’altro, che applicando in due zone qualsiasi (e sempre differenti) i puntali d’un tester posizionato sulla scala degli (misura della resistenza), i valori sul display cambiano continuamente, senza mai assumere il segno negativo, oscillando fra lo zero e misure notevolmente elevate (anisotropia). () Questo concorderebbe con le risultanze delle indagini condotte all’Università di Pisa, secondo le quali il frammento analizzato dall’Ing.Pederzoli, macroscopicamente simile al nostro, si era rivelato un cattivo conduttore d’elettricità. Prerogativa, questa, derivata forse dal fatto che le alte temperature cui era stato sottoposto ne avevano “scompaginato” la struttura microcristallina, per cui l’impulso elettrico applicato alle estremità è ancora in grado di fluire, ma con difficoltà, come se procedesse “disorientato”: un po’ come un “boys-scout” privo di bussola… In casi come questo, mai è esagerata la prudenza con cui lo scienziato, quello serio, deve muoversi; e deve possedere anche un’altra laurea, che gli consenta di interpretare, come sempre, il non facile ruolo dell’avvocato del diavolo.
E se si trattasse di silicio sintetico, industriale, made in “Silicon Valley”, tanto per intenderci ?


Ipotesi tutt’altro che da scartare, vista l’estrema velocità con cui la tecnologia dell’elettronica procede incessantemente; ipotesi già formulata (ed altrettanto velocemente accantonata) anche dagli analisti toscani. Tuttavia l’arte di “toccare con mano” va sempre esercitata e così ci siamo procurati alcune lamine di silicio sintetico, realizzate nei laboratori di ricerca del CNR. Queste, una volta polverizzate, all’analisi difrattometrica risultano composte da Silicio in ragione del 40 % e di Fluorite per il 60 %.


 Queste percentuali, pur considerando una tolleranza del  10 %, sono ben lontane dai valori osservati nei campioni precedenti, ma il dato più importante è nascosto fra le righe, pardon, fra i raggi X : il silicio di cui sono composte le lamine artificiali, a differenza di quello presente nei reperti “alieni”, non è orientato, come specifica la nota tecnica in calce al referto. Ciò significa che il metalloide, in seguito alle procedure di sintesi, ha perduto la struttura cristallina, diventando amorfo. Da qui la supposizione (e la conferma) di un’altra differenza, a carico della conducibilità elettrica: sottoponendo la lamina sintetica all’esperimento col tester sopra citato, lo strumento non rileva alcun passaggio di corrente. Era lecito, d’altronde, attendersi che i due tipi di campione fossero fondamentalmente differenti, in quanto già all’esame obiettivo la lamina presenta una superficie completamente liscia, ma opaca (color grigio scuro), che solo alla sezione trasversale lascia intravedere un riflesso, anche se attenuato, simile a quello del reperto fornito dal presunto “contattato”. 
Ma se una rondine non fa primavera, può darsi che due facciano il nido ed allora, per onestà intellettuale e per incrociare i dati, ho chiesto ed ottenuto di far analizzare il reperto anche da un secondo Laboratorio, specializzato in Metallurgia: quello dell’Università di Roma “Tor Vergata”, dal quale è pervenuto un referto praticamente sovrapponibile al precedente.


 In aggiunta, sono state scattate diverse immagini al microscopio elettronico, che rivelano un’insolita ed enigmatica struttura interna del metalloide: ad alta risoluzione, il blocco di silicio appare attraversato da più “fasce” parallele (tipo costolature), in cui sono inserite delle non meglio definibili forme discoidali, disposte “a tazzine impilate”, sul cui significato ovviamente nessuno osa pronunciarsi.



A PROPOSITO DELLA MICROSTRUTTURA DEL SILICIO "ALIENO" RISCONTRABILE DALLE FOTO DEL MICROSCOPIO IL DR. PATTERA SEGNALA QUESTA CURIOSA ED INTERESSANTE ANALOGIA RIGUARDO UN METEORITE CADUTO IN SRI LANKA NEL 2013:  http://marcolarosa.blogspot.it/p/aggiornamento-sul-silicio-alienoo.html


 Come si vede, dunque, il silicio sembra essere costantemente coinvolto nei casi in cui presunti oggetti volanti non identificati interagiscono con la superficie terrestre, lasciando evidenti residui.
Foto dischi impilati
Ma perché tanto interesse per questo elemento che, a conti fatti, è il più diffuso nella crosta terrestre dopo l’ossigeno? Tutto dipende dalla somiglianza strutturale fra silicio e carbonio (entrambi fanno parte dello stesso gruppo, il 4°) e la conseguente facilità di instaurare legami con gli atomi d’altri elementi. In effetti la ripetitività del “legame a quattro” che compare nelle strutture viventi sulla Terra ha fatto ipotizzare agli scienziati, in alternativa alla chimica del Carbonio su cui si fonda la “nostra” vita, l’impiego del Silicio, l’unico elemento in grado di supportare, per l’appunto, “legami a quattro” (ovviamente con tutte le limitazioni che ne deriverebbero, perlomeno sul nostro pianeta…). Il Silicio tuttavia non ha le grandi possibilità del Carbonio, in quanto non forma le lunghe catene tipiche della chimica organica: infatti il legame Silicio–Silicio possiede un’energia troppo bassa, che non permette una grande stabilità. Per questo motivo gli atomi di Silicio sulla Terra tendono a legarsi con l’Ossigeno atmosferico, formando catene Si-O-Si-O-…. in cui ogni atomo di Silicio si lega a 4 atomi di Ossigeno. A conclusione di tutto il discorso, va citata una curiosità: sul n.° 21 di «Dossier Alieni» del nov./dic.1999, nella rubrica «Lettere alla Redazione», un lettore (che si firma Iztok Kocjancic) afferma di «possedere un sasso identico a quello del Dr.Wolf», illustrato su UFO Network nel numero di luglio/agosto dello stesso anno. L’autore della corrispondenza aggiunge che lo strano ciottolo era appartenuto in origine al suo bisnonno, che poi gliel’aveva lasciato “in eredità”. Il bisnonno gli aveva anche confidato di «averlo ricevuto da un folletto o qualcosa del genere»: e qui la storia si ripete… Se fosse accertata, a suon d’analisi difrattometriche, l’identità fra i due reperti, considerando che ai tempi del bisnonno di Iztok sicuramente  la tecnologia “terrestre” non era in grado di ottenere silicio con un tal grado di purezza (e questo ci sentiamo di sottoscriverlo), tutta la casistica inerente gli strani incontri con entità del “piccolo popolo” meriterebbe una rilettura, nell’ottica opportunamente adeguata all’attuale livello socio-culturale delle masse. In fondo, presunti alieni e folletti, secondo le testimonianze, hanno una caratteristica in comune: la bassa statura…  

APPENDICE di Marco La Rosa

SUL CASO DEL FRAMMENTO "WOLF" RICEVO IMPORTANTI AGGIORNAMENTI DALL'AMICO MAURIZIO BAIATA, VI INVITO A LEGGERLI QUI:

http://mauriziobaiata.net/2016/01/18/2736/


BIBLIOGRAFIA
============
F.Rizzatti – DAL CIELO ALLA TERRA – Bocca, Torino / 1906
A.Ferrari - CHIMICA GENERALE E INORGANICA - Università di Parma, 1958

Mario Nardelli - INTRODUZIONE alla CHIMICA MODERNA – Ambrosiana, Milano / 1974
G.Russo – CHIMICA ORGANICA – Ambrosiana, Milano / 1980
Moruzzi / Rossi / Rabbi – PRINCIPI di CHIMICA BIOLOGICA – Università di Bologna, 1983
GALILEO – ENCICLOPEDIA delle SCIENZE e delle TECNICHE – Sadea, Firenze / 1966
ENCICLOPEDIA delle SCIENZE – Vallardi, Milano / 1995
GRANDE ENCICLOPEDIA della SCIENZA e della TECNOLOGIA – De Agostini, Novara / 1997
ENCICLOPEDIA della CHIMICA – Garzanti, Milano / 1998
P.Bianucci – LE METEORITI – De Agostini, Novara / 1999
J.Vallée – CRONIQUES DES APPARITIONS EXTRA -TERRESTRES – Denoël, 1972
AA.VV. – UFO DOSSIER X – Fabbri Editori, Milano
C.U.N. - Dossier Alieni
C.U.N. - UFO Network
rif. per caso Wolf:
https://mauriziobaiatadotnet.files.wordpress.com/2015/06/gulla-rilievi-silicio-caso-wolf-1.pdf

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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs




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sabato 13 febbraio 2016

3D BIOPRINTING: UN FUTURO ALLA "QUINTO ELEMENTO"?




SEGNALATO DAL DR. GIUSEPPE COTELLESSA (ENEA)

Sono definite “pinzette acustiche” e sono state testate per manipolare le cellule nella speciale tecnica del “3D Bioprinting”. Questa rivoluzionaria tecnica sarà in grado in un futuro molto vicino, di costruire interi organi o addirittura interi esseri viventi, un po’ come descritto nel famoso film “IL QUINTO ELEMENTO” (1997),  del regista visionario (e precursore) Luc Besson. Il progetto intende sviluppare strumenti manipolatori così sensibili da poter funzionare con singole cellule, per poi comporre strutture più grandi e complesse. Un grande passo è stato compiuto verso questo futuro “visionario”,  dai ricercatori della Carnegie Mellon University, MIT, e Penn State, che hanno escogitato un modo per utilizzare le onde sonore come “pinzette” per manipolare attentamente strutture semplici in 2D e strutture più complesse in 3D.  Dopo i primi esperimenti, gli scienziati hanno constatato con soddisfazione che il metodo è adeguatamente delicato per non danneggiare le strutture cellulari manipolate ed allo stesso tempo, preciso e versatile per la tecnica di “bioprinting”. Il tutto, funziona all'interno di un dispositivo definito: “microfluidico” che ha la caratteristica di poter essere finemente sintonizzato in posizioni specifiche, permettendo alle onde sonore di manipolare e direzionare le singole cellule che interessano la “specifica costruzione”, senza coinvolgere quelle che devono restare ininfluenti.


fonte: http://www.medgadget.com/2016/01/acoustic-tweezers-manipulate-live-cells-for-3d-bioprinting.html




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