IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens
VIDEO TRAILER

VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO
VIDEO SINOSSI DELL' UOMO KOSMICO
Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

LA NUOVA CONOSCENZA

GdM

venerdì 31 gennaio 2014

CHIRURGIA ROBOTICA


di: Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

Il procedimento del brevetto può risultare utile in questo tipo di applicazione robotica in campo medico e già in utilizzo anche nel nostro paese.

 Che cosa è la Chirurgia robotica?

Robot per la chirurgia:

La chirurgia robotica (Robotic Assisted Surgery) consente all'operatore di praticare un intervento chirurgico manovrando, a distanza, un robot non completamente autonomo ma capace di eseguire manovre comandate.
È una tecnica entrata in uso recentemente, sia pure in centri selezionati, e rappresenta un ulteriore passo nell'ambito della chirurgia mini-invasiva. Ha fondamentalmente le stesse indicazioni ma, al momento, è riservata a pazienti selezionati.
Rispetto alla chirurgia video assistita tradizionale presenta alcune differenze importanti. Il chirurgo è distante fisicamente dal campo operatorio e siede ad una consolle, dotata di un monitor, dalla quale, attraverso un sistema complesso, comanda il movimento dei bracci robotici. A questi vengono fissati i vari ferri chirurgici, pinze, forbici, dissettori, che un'equipe presente al tavolo operatorio provvede ad introdurre nella cavità sede dell'intervento. L'impiego dei bracci meccanici ha il vantaggio di consentire una visione tridimensionale con un'immagine più ferma, e di rendere le manovre più delicate e fini anche perché gli strumenti sono articolati all'estremità distale. Lo svantaggio è legato ai tempi operatori più lunghi, ed alla difficoltà di dosare la forza (come può accadere nel dare la giusta tensione ad un nodo chirurgico).
in futuro si può ipotizzare che la chirurgia robotica consentirà, con lo sviluppo delle esperienze, il diffondersi delle apparecchiature, ed il miglioramento dei sistemi di telecomunicazione e telematici, di operare a distanze sempre maggiori. Se si pensa che oggi, dai centri spaziali, è possibile azionare dei robot inviati sulla luna o più lontano, non è difficile credere che diventerà usuale operare da una parte all'altra della terra mettendo a disposizione di tutti le migliori e più specifiche professionalità. A Grosseto (centro di eccellenza), esiste una scuola di chirurgia robotica fondata dal Prof. Pier Cristoforo Giulianotti, nella quale si formano i chirurghi generali, gli urologi e i ginecologi provenienti dal territorio nazionale ed internazionale. Grazie alla proficua collaborazione, l'Urologia di Grosseto, prima nel centro Italia, esegue prostatectomie radicali robotiche, nefrectomie parziali robotiche e cistectomie robotiche con confezionamento di neovescica ileale ortotopica, divenendo riferimento di chirurgia robotica urologica della Toscana. Un ruolo importante è riservato alla chirurgia robotica nel trattamento delle patologie mediastiniche e della Miastenia grave, spesso associata ad iperplasia timica, permettendo di ottenere percentuali di remissione completa di malattia pressoché sovrapponibili a quelle ottenute con un approcchio tradizionale a cielo aperto che prevede la sternotomia longitudinale mediana.
Il primo robot chirurgico, chiamato da Vinci, fu messo a punto nella Silicon Valley dalla Intuitive Surgical, e nel 2000 ha ottenuto l'autorizzazione dell'americana Food and Drug Administration (FDA) per l'utilizzo in chirurgia laparoscopica.
Il Sistema Chirurgico da Vinci della Intuitive Surgical è un sistema di chirurgia robotica. Viene utilizzato più comunemente nella procedura di rimozione della prostata, sostituzione della valvola cardiaca e nelle procedure di chirurgia ginecologica, ma può anche essere usato per qualsivoglia procedura chirurgica addominale o toracica. Si compone di quattro bracci robotici. Tre di essi sono strumenti che mantengono oggetti quali bisturi,forbici, bovie o strumenti di elettrocauterizzazione. Il quarto braccio è sostiene una telecamera con due lenti che consente al chirurgo una completa visione in stereoscopia dalla consolle. Il chirurgo rimane seduto presso un pannello di controllo e guarda attraverso due mirini un'immagine tridimensionale della procedura mentre manovra i bracci con due pedali e due controlli manuali.
Il "'Sistema Chirurgico da Vinci"' viene normalmente utilizzato nella rimozione della prostata, nella sostituzione della valvola cardiaca e nelle procedure di chirurgia ginecologica. Il da Vinci rappresenta un vantaggio nelle procedure che si concentrano su di una specifica area dell'addome o del torace. Gli interventi che non sono localizzati e che necessitano ampia mobilità del chirurgo intorno a diverse aree risultano particolarmente svantaggiosi in considerazione del tempo necessario per la preparazione delle aperture Da Vinci. I chirurghi stanno inoltre sperimentando il da Vinci per la rimozione del tumore del fegato e del pancreas alla luce della delicatezza della procedura, del numero di vasi sanguigni che il chirurgo deve maneggiare, e della localizzazione topica della procedura.

Futuro:

Si prospetta che il da Vinci possa venire utilizzato in futuro per effettuare vere e proprie operazioni di chirurgia robotica a distanza. La possibilità di operazioni in modalità remota dipende dalla disponibilità per il paziente di un'apparecchiatura da Vinci e di qualcuno in grado di praticare le aperture, ma da un punto di vista tecnico l'apparecchiatura permetterebbe, per esempio, ad un medico negli Stati Uniti di operare un paziente in Antartide.

Critiche:

I critici della chirurgia robotica sostengono che è difficile da apprenderne l'uso da parte degli utilizzatori, e che non esistono studi che ne dimostrino la maggiore efficacia rispetto alla tradizionale chirurgia laparoscopica. Il sistema da Vinci utilizza software proprietario, che non può essere modificato, il che limita la libertà dei medici nel modificare il percorso dell'operazione Inoltre, il suo costo elevato (circa 2 milioni di dollari negli anni 2010), lo rende proibitivo per molte istituzioni.
La ditta produttrice, Intuitive Surgical, è stata criticata per aver ottenuto una velocissma approvazione da parte della FDA con un procedimento semplificato noto come "premarket notification" (notifica preliminare alla commercializzazione) che si basa sul presupposto che il prodotto proposto sarebbe simile a prodotti già approvati in precedenza. La Intuitive è stata anche accusata di fornire un addestramento inadeguato, e di incoraggiare le strutture sanitarie a ridurre il numero di procedure supervisionate prima che a un medico sia consentito di utilizzare il sistema senza supervisione. Si è anche sostenuto che alcuni pazienti avrebbero subito danni dovuti a correnti accidentali sprigionate da componenti inappropriati delle estremità chirurgiche usate dal sistema. Intuitive ha ribattutto che lo stesso tipo di correnti indesiderate possono essere originate anche da procedure laparoscopiche non robotiche[5]. Uno studio pubblicato su JAMA-Journal of the American Medical Association sostiene che gli effetti collaterali e le perdite di sangue nelle isterectomie robotiche non sono migliori di quelle ottenute dalla chirurgia tradizioanle, nonostante il costo molto superiore del sistema. Nel 2013, la FDA ha iniziato a indagare su eventuali problemi legati all'uso del robot da Vinci, compresi i casi di morte durante gli interventi in cui è stato usato il dispositivo; sono pendenti, inoltre, un certo numero di cause legali correlate a tali eventi.

APPLICAZIONI PRATICHE IN ITALIA:

IL ROBOT OPERA ALLA TIROIDE SENZA SEGNI SUL COLLO

 Il robot chirurgo Da Vinci, 'telecomandato' dall’ équipe dell'Unità Operativa di Chirurgia Endocrina e Metabolica del Policlinico universitario A. Gemelli di Roma, diretta dal professor Rocco Bellantone, ha eseguito un intervento senza precedenti nel Lazio e nel Sud Italia: ha operato la tiroide di una giovane paziente senza lasciare alcun segno sul suo collo. Il robot ha raggiunto la ghiandola malata attraverso l'ascella. L'intervento eseguito al Policlinico Gemelli si chiama 'Tiroidectomia robotica trans-ascellare'. Si tratta di un'operazione al momento indicata in casi selezionati. L'intervento è stato effettuato lo scorso 17 gennaio su una donna di 37 anni affetta da gozzo nodulare. La giovane è stata dimessa in ottime condizioni il giorno dopo l'operazione. La tecnica della Tiroidectomia robotica trans-ascellare, messa a punto in Corea e attualmente in via di diffusione anche nei Paesi occidentali, consente di evitare ogni cicatrice sul collo rispetto alle tecniche convenzionale e mini-invasiva, che vengono eseguite con un accesso chirurgico cervicale. Col nuovo intervento la tiroide viene infatti raggiunta dall'ascella, con un accesso chirurgico nascosto e poco visibile. Attraverso la singola incisione ascellare vengono introdotte la telecamera e gli strumenti robotici, che sono manovrati dal chirurgo comodamente seduto alla consolle. Il sistema computerizzato consente una visione tridimensionale e ingrandita, nonché un assoluto controllo dei movimenti degli strumenti robotici. Queste caratteristiche tecniche facilitano e rendono molto accurata la dissezione chirurgica, garantendo l'assoluta sicurezza dell'intervento. La tiroidectomia robotica è attualmente indicata per il trattamento della patologia tiroidea nodulare benigna. È però in corso di validazione il suo impiego per il trattamento della patologia maligna in pazienti a basso rischio.

-MICRO PUNTURA CONTRO I CALCOLI RENALI NEI BAMBINI

 All'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma è possibile polverizzare i calcoli renali nei bambini con una 'puntura' indolore. Si chiama 'Micro-perc' la nuova tecnica mini-invasiva, sperimentata con successo per la prima volta su una bambina di 11 anni, che consente, attraverso strumenti miniaturizzati, di abbattere il rischio di danni ai reni e di ridurre di oltre il 50% i tempi di ospedalizzazione rispetto ai metodi tradizionali. Considerata una malattia tipica dell'adulto, la calcolosi renale colpisce 2 bambini su 100, rappresentando un problema anche per i più piccoli. La nuova metodica si avvale di un ago sottile (da 1,6 mm) dentro il quale scorrono una finissima fibra ottica (0,9 mm) e una fibra laser (da 270 micron) con cui si riesce contemporaneamente ad avere una visione diretta dei calcoli renali e a distruggerli. Le dimensioni miniaturizzate della strumentazione riducono di molto il rischio di sanguinamento e di lesioni al rene, permettendo di trattare una buona parte di calcoli senza ricorrere alle tecniche 'classiche', molto aggressive per l'organo.

Biblio: wikipedia

SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:

LA VERA STORIA EVOLUTIVA DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA
DI MARCO LA ROSA
E' UN'EDIZIONE OMPHILABS
ACQUISTABILE DIRETTAMENTE DAL SITO OMPHILABS ED IN LIBRERIA

http://www.omphilabs.it/prod/L-UOMO-KOSMICO.htm




mercoledì 29 gennaio 2014

SHOAH: IL GIORNO DELLA MEMORIA


 IL “GIORNO DELLA MEMORIA”

VOLUTAMENTE NON HO POSTATO NULLA IL GIORNO 27. IN COMPENSO HO LETTO MOLTO DI COLORO CHE NE HANNO SCRITTO. HO QUINDI CONSEGUITO UN VANTAGGIO IN TERMINI D' ISPIRAZIONE, SE MAI CE NE FOSSE STATO BISOGNO.
E’ STATO UN BENE PERCHE’ LE RIFLESSIONI CHE MI HA SUGGERITO IL CARO AMICO MIGUEL MI HANNO PORTATO ANCORA PIU’ IN PROFONDITA’. MI HANNO PERMESSO DI ASSIMILARE QUESTO GIORNO NEL MIO ANIMO, COME UN TATUAGGIO INDELEBILE E’ ASSIMILATO DALLA PELLE,  COSI’ SEI COSTRETTO A RICORDARLO TUTTI I GIORNI. E’ SUCCESSO ORA E NON PRIMA, PERCHE’ C’E’ UN MOMENTO ESATTO PER OGNI COSA.

QUANDO HO LETTO LE PAROLE DI LIZZIE DORON: “Tuttavia si pone la domanda: come rendere costruttivo, sensato, attuale il giorno della memoria? Non ho una risposta a questo, ma solo alcuni pensieri.
Il primo è lo studio. Al ricordo, alla cerimonia, alla commozione deve essere sempre fatto precedere uno studio, poiché non c'è niente di più vacuo e transitorio di una celebrazione emotiva priva di una profonda conoscenza e comprensione della Storia. Nessuno sviluppo della memoria è possibile senza conoscenza.
Credo poi che oggi si debba trovare il coraggio e la saggezza per accostare al ricordo della Shoah lo studio e la presa di coscienza di eventi contemporanei che toccano il tema dei diritti dell'uomo, delle privazioni, della povertà, ogni tema che veda l'umanità soccombere in qualsiasi luogo del mondo. Ricordare i morti, ma pensare anche ai vivi”. (DA:” Il difficile senso della memoria sulla Shoah”  )

HO CAPITO CHE QUESTO ERA IL MOMENTO,  NON PRIMA E NON DOPO.
DEVO RINGRAZIARE ANCHE SERGIO DI CORI MODIGLIANI,  UN GRANDE MAESTRO DI PENNA, PENSIERO E VITA CHE CON LA SUA RIFLESSIONE: “La sindrome di Bolechow” , HA COMPLETATO IL MIO “TATUAGGIO” IN MODO PERMANENTE.

MLR

BUONA LETTURA


 “Il difficile senso della memoria sulla Shoah”
Da:
http://www.repubblica.it/cultura/2014/01/27/news/giornata_della_memoria_lizzie_doron-77002574/

Ospitiamo un contributo della scrittrice israeliana, in Italia per una serie di incontri sull'Olocausto: "Non posso che constatare come questa mutazione della memoria abbia completamente seppellito quelle testimonianze intime, genuine, dolenti, anche sarcastiche che ho vissuto da bambina"

di:  LIZZIE DORON

27 gennaio 2014

"Dopo la Shoah, verso la vita"

PER RICORDARE abbiamo avuto bisogno di una legge. Il giorno della memoria in Israele è stato sancito dal parlamento nel 1959 dopo una battaglia pubblica condotta dai sopravvissuti. "In questo giorno," recita la legge "si rispetteranno in tutti i luoghi del paese due minuti di silenzio, si terranno iniziative e cerimonie, le bandiere saranno a mezz'asta, i locali di svago chiusi, i programmi della radio saranno dedicati all'argomento". Il giorno della memoria internazionale è stato decretato dall'Onu nel 2005 con una risoluzione che richiama al ricordo della Shoah in modo che altri genocidi non possano più essere perpetrati in futuro. Come tutte le leggi, anche queste devono essere applicate. Ma come?
Nei primi anni dello Stato d'Israele il problema non si poneva, dal momento che la Shoah era rimossa dalla coscienza collettiva del paese che amava piuttosto farsi suggestionare dalla potenza di Tzahal, il nostro "Esercito per la difesa di Israele" che forse era anche un "Esercito per la terapia di gruppo di Israele". I sopravvissuti, la loro debolezza, il loro essersi arresi e fatti deportare nei campi "come pecore al macello", questo era d'intralcio per un paese appena nato, che voleva essere forte, che avrebbe dovuto combattere e che desiderava far sorgere un nuovo ebreo indipendente dalle polveri della diaspora. I soldati invece erano belli, giovani e pieni di vita e ardore per il futuro.
Ricordo bene come li ammirassi da bambina, una bambina che viveva in un quartiere di sopravvissuti e che da lì sognava di fuggire per raggiungere qualche kibbutz. Un quartiere dove la memoria era relegata ai sussurri notturni delle donne nei cortili, alla follia di Djusia, la nostra vicina, che raccontava solo al suo cane di come si fosse costretta a sorridere mentre uccidevano sua madre, pensando, povera bambina, che così non si sarebbero accorti che era ebrea; o ai silenzi di mia madre che ad ogni domanda rispondeva: "Io penso ai morti, te pensa ai vivi". E queste parole rimangono fino ad oggi in me come una domanda su come gestire la memoria.
In seguito al processo Eichmann, all'esposizione pubblica e dirompente della Catastrofe, il ricordo della Shoah ha iniziato un nuovo percorso inarrestabile, ramificatosi in molte direzioni, gonfiandosi sempre di più, portando le sofferenze e le immagini dei sopravvissuti al centro dell'immaginazione collettiva, fino a conquistarsi un posto fondante nell'identità degli israeliani.
Il giorno della memoria è diventato il simbolo e l'apice di questo processo fatto di cerimonie pubbliche, programmi educativi, comitive ad Auschwitz, discorsi, programmi radio e TV, canti e poesie, libri e film, un coinvolgimento generale che a tratti farebbe pensare a una vera e propria industria della memoria - nella quale si possono trovare cose positive e costruttive ed altre banali e retoriche.
Anche se sono abituata a cercare sempre il lato buono delle cose, non posso che constatare come questa mutazione della memoria abbia completamente seppellito quelle testimonianze intime, genuine, dolenti, anche sarcastiche che ho vissuto da bambina nel mio quartiere, ed è pungente la sensazione che nient'altro potrà mai eguagliare la testimonianza di quelle persone che portavano avanti la propria memoria nella solitudine delle proprie case, nell'ombra dei cortili. Per questo insisto forse a parlare solo di loro nei miei libri.
Ma questo significa forse che dovremmo dire: "Aboliamo il giorno della memoria!" o "Sono contro il giorno della memoria!". Non credo. Per diversi motivi.
Il primo sono i giovani, gli studenti che si affacciano al mondo e alle riflessioni sul mondo. Penso che essi meritino di poter affrontare lo studio della Shoah, come punto di partenza per prendere coscienza di temi decisivi come la presenza del male nel mondo, i diritti umani, la libertà di pensiero. Essi sono vergini rispetto alle tematiche della memoria, ogni generazione è anche una nuova possibilità di rimodellare e migliorare il nostro modo di fare memoria.
Questo ci porta a un secondo motivo, più filosofico. Penso che il senso della vita di un essere umano sia quello di migliorarsi, di studiare, di sfidare se stesso, di progredire; dunque cancellare una questione difficile - come il fare memoria appunto - non può essere una soluzione, ma è solo una mancanza di responsabilità e una rinuncia al senso della nostra esistenza.
Un terzo motivo è il valore che voglio comunque dare alla collettività. Il giorno della memoria mette in gioco moltissime persone, anzi, cittadini; essi sono tutti coinvolti in un progetto comune il cui significato di fondo è nobile e può essere costruttivo. So per esperienza che moltissime di queste persone sono mosse da sentimenti puri e un limpido desiderio di confrontarsi. Credo che non dovremmo frustrare questo sforzo collettivo, nonostante i rischi di banalizzazione e sacralizzazione della memoria.
Tuttavia si pone la domanda: come rendere costruttivo, sensato, attuale il giorno della memoria? Non ho una risposta a questo, ma solo alcuni pensieri.
Il primo è lo studio. Al ricordo, alla cerimonia, alla commozione deve essere sempre fatto precedere uno studio, poiché non c'è niente di più vacuo e transitorio di una celebrazione emotiva priva di una profonda conoscenza e comprensione della Storia. Nessuno sviluppo della memoria è possibile senza conoscenza.
Credo poi che oggi si debba trovare il coraggio e la saggezza per accostare al ricordo della Shoah lo studio e la presa di coscienza di eventi contemporanei che toccano il tema dei diritti dell'uomo, delle privazioni, della povertà, ogni tema che veda l'umanità soccombere in qualsiasi luogo del mondo. Ricordare i morti, ma pensare anche ai vivi.
E' forse è per questo che continuo a scomporre tutto l'apparato costruito intorno alla memoria che mi separa dalle parole, gli sguardi, i gesti di quei sopravvissuti che ho conosciuto da bambina - per poter ritornare a mia madre e chiederle: "Mamma, come si fa a pensare ai vivi?".
Scrivendo, mi viene in mente che parecchi anni fa un editor mi disse: "Lizzie, peccato che con le tue capacità scrivi solo di Shoah, la Shoah non vende, dovresti scrivere una storia d'amore".
Se lo dovessi rincontrare oggi, gli direi: "Avevi torto, la Shoah vende...". Ma questo non significa che non vorrei tanto poter scrivere una storia d'amore.
Lizzie Doron è nata a Tel Aviv nel 1953. In Italia i suoi romanzi sono pubblicati dalla Casa Editrice Giuntina: 'Perché non sei venuta prima della guerra?', 'C'era una volta una famiglia', 'Giornate tranquille', 'Salta, corri, canta'. Ad aprile uscirà il nuovo romanzo 'L'inizio di qualcosa di bello'. In questi giorni è in Italia per tenere delle conferenze sulla Memoria.


La sindrome di Bolechow è la malattia dell'Europa che la memoria storica della Shoah ci ricorda.

di: Sergio Di Cori Modigliani

La sindrome di Bolechow è la malattia perniciosa dell'Europa.
Ed è da quella che dobbiamo difenderci e salvaguardarci.
E' contro questo morbo che dobbiamo unirci, per combatterlo.

Oggi, 27 Gennaio, si commemora la "giornata della memoria", a ricordo dello sterminio di sei milioni di ebrei -oltre agli zingari, agli omosessuali, ai disabili, a coloro che venivano identificati come appartenenti a cosiddette razze inferiori- ad opera dei nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Considerando il fatto che i governi italiani sono stati (e tuttora sono) maestri nel pianificare, organizzare e diffondere la consuetudine dell'Alzheimer sociale, come italiano, la giornata della memoria in Italia, la considero un ossimoro.

Fino a pochi anni fa veniva chiamato "l'olocausto degli ebrei", ma grazie alla nobile, intelligente sapienza spirituale, (nonchè eccezionale volontà) di Karol Woytila, al secolo Papa Giovanni Paolo II, è stato consentito di non usare più quel termine sostituendolo con la parola "Shoah".
Olocausto, infatti, è un termine che proviene dal greco e indica "colui che si sacrifica volontariamente, il Giusto, per consentire il trionfo del Bene Comune della collettività". Se traducete il termine "olocausto" in giapponese, ad esempio, risulta la parola "kamikaze". Nella tradizione religiosa talmudica ebraica, il termine olocausto è considerato un atto sublime perchè deriva dalla scelta interiore di chi vuole offrire, da eroe, la propria vita per salvare gli altri, fin dal 1945 era stato usato come consuetudine per indicare l'uccisione degli ebrei. Questa norma diffusa ha prodotto l'insorgere di quel filone nazista negazionista che sosteneva (e tuttora sostiene) che fosse stata per l'appunto una scelta degli ebrei da loro stessi voluta -l'olocausto"- ovvero: quella di farsi uccidere in qualche migliaio per giustificare poi la necessità di costruirsi uno Stato.
Grazie a Papa Woytila, che ha accettato la definizione data dagli stessi ebrei, e ha introdotto e imposto nel mondo cattolico occidentale il suo uso comune, è stato accettato per convenzione collettiva la parola ebraica "Shoah" che vuol dire catastrofe, eliminando per sempre l'ambiguità legata al termine olocausto.

Il genocidio degli ebrei ad opera dei nazisti è stato studiato sotto ogni punto di vista. L'aspetto più profondamente sconcertante di questa vicenda consiste nella "non comprensibilità" del comportamento dei nazisti, impossibile da prevedere, e quindi prevenire, per potersi difendere.

Come fare, oggi, (mi sono chiesto, me lo chiedo sempre) a commemorare in maniera adeguata la giornata della memoria, senza sovraccaricare di piatta retorica questa data?
E ancora: come fare a conferire alla memoria il suo valore più alto e adeguato, cioè quello di un uso efficace e pragmaticamente nobile, che ci consenta di poter usufruire di un evento storico per trarne nutrimento (e quindi suggerimento) tale da consentirci di evitare l'avvento di una nuova forma di nazismo, oggi, per evitare un ennesimo genocidio?.

Ho scelto ciò che accadde a Bolechow, da cui la sindrome del titolo.

Tutti ormai, in Europa, hanno incorporato e accettato l'idea che i nazisti fossero dei criminali sanguinari. Ma questo specifico episodio che qui vi ripropongo ci aiuta a comprendere come, in verità, si trattasse della più pericolosa forma esistente di pazzia collettiva: una pazzia lucida.

Accadde il 14 novembre del 1941.

L'episodio si è verificato a Bolechow, una piccola cittadina europea che si trova in una zona molto particolare, la Galizia orientale, unica nel suo genere: al confine tra la Prussia, la Polonia, l'Ucraina. Una zona di frontiera, nella quale, nel secolo XVI, un illuminato aristocratico dell'epoca, il Duca di L'vov, compì un atto inconcepibile per quei tempi: abolì la schiavitù, praticò il rispetto della diversità, l'accoglienza multi-etnica, e impose la pratica alla pari di qualunque forma di credo religioso. Non solo. Mise la propria ricchezza al servizio della collettività che per questo fatto lo riverì, lo rispettò e lo amò, costruendo scuole pubbliche, ospedali gratuiti e accogliendo i profughi dalla penisola iberica che nel 1492 si sparpagliarono per l'Europa fuggendo dal Tribunale dell'Inquisizione. E così, a Bolechow, nei primi anni del '500, cominciarono a convivere in uno stato di pacificazione e di armonia -tutti insieme- cattolici polacchi, ebrei spagnoli, arabi mussulmani, cosacchi ucraini, pastori cristiano-ortodossi. Essendo un posto di frontiera, dopo la scomparsa della dinastia ducale, nei secoli, la cittadina passò da un padrone all'altro: diventò possedimento della Polonia, poi dell'Ucraina, poi della Russia, poi della Prussia, poi dell'Impero austro-ungarico, poi di nuovo della Polonia, poi dell'Urss, e infine invasa dalle truppe tedesche nel 1941. La popolazione locale si abituò e si adattò ai regnanti che si succedevano, senza mai modificare la propria struttura, condividendo il territorio in una ricca forma poli-etnica davvero unica in Europa.

Finchè, da Berlino, un piovoso giorno dell'autunno del 1941, non arrivò il comandante della Gestapo che impose la propria Legge. Il 30 ottobre convocò il capo della comunità ebraica al quale comunicò che dovevano pagare una fortissima tassa per evitare di essere tutti deportati. E quelli pagarono subito.
Dopo due giorni, durante la notte, la Gestapo rastrellò 2.000 ebrei, li condusse alla periferia della cittadina e li uccise tutti.
E dieci giorni dopo, il 14 novembre, si verificò "l'episodio".
Il comandante tedesco convocò il capo della comunità ebraica e gli spiegò che erano state uccise quelle persone per dare un esempio di efficienza e far capire a tutti che cosa sarebbe capitato loro se non avessero eseguito gli ordini. Consegnò una nutrita documentazione, composta da ben dodici quaderni, per complessive 150 pagine, nella quale, con una calligrafia minuta, erano scritti i costi dell'operazione: numero delle pallottole usate per uccidere i 2000 ebrei, costo della benzina usata dai camion per andare a prelevare i corpi e portarli in aperta campagna e cremarli, il costo per le pale e le zappe, il costo per unità di lavoro di ogni operaio che la Gestapo era stata costretta ad assumere per trasportare i corpi, e chiese alla comunità ebraica di pagare (così recita il documento ufficiale) "i danni materiali determinati dall'atto di esecuzione del piano di pulizia etnica per il rinnovamento della razza".
I nazisti chiesero alla comunità ebraica di Bolechow di pagare il costo dell'uccisione di ben 2000 dei loro componenti.
In cambio, quelli che erano ancora vivi sarebbero stati risparmiati.
La comunità, già terrorizzata per ciò che era accaduto, pagò la cifra richiesta. Chiese di diluire i pagamenti per raccogliere l'intera cifra e venne loro consentito di pagare a rate, in dieci mesi. Un anno dopo, venti giorni dopo aver saldato l'ultima rata, vennero tutti deportati ad Auschwitz.
Non sopravvisse nessuno.
Tutta questa trattativa si svolse con lucidità ragionieristica, come se "l'evento" fosse una cosa normale.Gli abitanti del luogo erano talmente presi dal terrore di una follia che loro trovavano "incomprensibile" che accettarono pensando di placare la patologia.
Tutto ciò è stato raccontato in uno splendido volume uscito nel 2006 e scritto in inglese  (in Italia tradotto e pubblicato dalla Neri Pozza editore) che si chiama "Gli scomparsi" a firma di Daniel Mendelsohn, un intellettuale americano che lavora al New York Times come critico cinematografico.

Ho deciso di coniare il termine "sindrome di Bolechow" sulla base di questo evento storico.

Mi permette di capire l' impossibilità di poter comprendere la follia quando essa si presenta mascherata da apparente lucidità razionale.

Per come la intendo io, oggi la sindrome di Bolechow si è diffusa in tutta Europa, permeando con la propria follia di "lucidità apparentemente razionale" l'intero tessuto socio-politico.
Questa malattia parte dal presupposto del non riconoscimento dell'unicità di ogni essere umano in quanto Persona. Oltre a questo, riduce gli individui a numeri ai quali viene sottratta la originalità del loro valore esistenziale, trasformandoli in un dato statistico. La riduzione di un individuo a un numero, una cifra, comporta la disumanizzazione del suo essere, quindi la sua esistenza non viene contemplata nè come valore nè come significato. Gli operatori chiamati a occuparsi di questi "dati statistici", non registrano il fatto di avere a che fare con esseri umani, con esistenze, con vite pulsanti. Per questi impiegati, quegli esseri sono tutti uguali in quanto componenti specifiche di una serialità numerica, quindi intercambiabili, frapponibili, eliminabili, senza provare alcuno scrupolo, o rèmora, o senso di colpa.
E' una patologia del corpus sociale.

Questo è il mio modo di commemorare la Shoa, oggi: ricordare le vite vissute, i milioni di esistenze originali e diverse tra di loro eliminate per il capriccio di un ragioniere ossessivo, che non ha mai pensato di trovarsi di fronte a degli individui, considerando il tutto una pratica da dover sbrigare.
Era ciò che la filosofa Hanna Arendt intendeva dire quando definì il nazismo "La banalità del male".

Noi europei, e noi italiani, viviamo oggi in preda a una malattia sociale che si chiama la sindrome di Bolechow. Coloro che hanno già ucciso i membri della nostra comunità collettiva di cittadini inermi, coloro che ci hanno già depredato, sfruttato ed espoliato, vengono a chiedere a noi di pagare il conto della loro espoliazione.

Questo è l'insegnamento che la memoria storica mi regala.

Noi ci alziamo ogni mattina e con tutto l'entusiasmo del mondo provocato dalla vitalità della nostra voglia di vivere, per amore di noi stessi, della nostra moglie, marito, figli, genitori, amici, membri della comunità nella quale siamo inseriti, noi andiamo a lavorare per pagare con inoppugnabile regolarità coloro che ci hanno rovinato e seguitano a rovinare le nostre esistenze. Siamo diventati gli ebrei di Bolechow, e così ci illudiamo che le banche prima o poi cambieranno e cominceranno a dare credito a chi ne ha bisogno; viviamo nella paura coltivando la speranza che i ministri, il governo finalmente, si occupino anche di noi, che i partiti pensino alla responsabilità che hanno delle nostre esistenze, pensando che "loro" ci salveranno perchè, prima o poi, capiranno la nostra umanità e riconosceranno in noi la valenza del valore della originale narrativa della nostra esistenza individuale.
E' un'illusione, come quella di quei poveretti che finirono tutti dentro a un forno.

Questa è la consapevolezza che mi regala il giorno della memoria.

Se penso alla nostra classe politica dirigente non penso in termini di complotto, o pensando che siano incapaci e incompetenti, proprio no. Me li sto immaginando come quell'ufficiale della Gestapo che trascorse diverse notti insonne per redigere una minuziosa documentazione sui costi delle pallottole, descritte una per una a seconda del modello d'arma usate, per consegnare poi ai membri della comunità dei sopravvissuti l'elenco dei debiti da pagare, sentendosi contento di aver fatto un ottimo lavoro.
Se li ascolto raccontarci come hanno deciso e stanno decidendo di risolvere la crisi economica, la mancanza di lavoro, l'immobilità del mercato, ho la sensazione di essere diventato un semplice dato statistico, di avere a che fare con una follia lucida che, per un umano, non è possibile da comprendere.
Bankitalia, oggi, ha diffuso i dati ufficiali sullo stato dell'economia della nazione. Risulta -statisticamente- che il 10% della popolazione possiede il 48,5% della ricchezza collettiva. Risulta anche che il 9,8% della popolazione ha aumentato nell'ultimo biennio il proprio reddito di un + 65%, mentre il 72% delle famiglie lo ha diminuito di un - 7,5%. I poveri sono aumentati del 125% nell'ultimo quadriennio e i consumi sono crollati. Sia Enrico Letta che il Ministro del Tesoro, Saccomanni, hanno detto che "questi dati ufficiali ci confermano che non soltanto la recessione è finita, ma che l'Italia è ormai lanciata verso la ripresa", così c'è scritto nel comunicato ufficiale del governo.
I membri di quel 9,8% della popolazione sono quelli che ci governano.

E non conviene neppure mettersi lì a sperare che arrivi un esercito di liberazione. Non esiste.

Dobbiamo guarire dalla sindrome di Bolechow.

Ciascuno di noi, fino a guarire l'intera società.




CONTRIBUTI:

DAL NOSTRO COLLABORATORE DOTT. MIGUEL LUNETTA (BRASIL)

Folha de S.Paulo

Um jornal a serviço do Brasil

segunda-feira, 27 de janeiro de 2014

     Ban Ki-Moon

Visita a Auschwitz
Pensei nos prisioneiros, horas em pé, nus, num clima gelado, arrancados de suas famílias, de cabelos rapados esperando as câmaras de gás
A lembrança do Dia Internacional em Memória das Vítimas do Holocausto em 27 de janeiro --o aniversário da libertação do campo de concentração de Auschwitz-- acontece em um momento no qual, à nossa volta, há alertas para os perigos do esquecimento.
Neste ano, assinalam-se duas décadas desde o genocídio em Ruanda. Conflitos na Síria, Sudão do Sul e República Centro-Africana assumiram uma dimensão perigosa. O fanatismo ainda percorre nossas sociedades. O mundo pode e deve fazer mais para eliminar o veneno que levou aos campos de concentração.
Visitei Auschwitz-Birkenau em novembro. Um vento frio soprava naquele dia, o chão sob os meus pés era rochoso. Mas eu tinha um sobretudo e sapatos resistentes. Meus pensamentos foram para aqueles que não tinham nem uma coisa nem outra: os judeus e outros prisioneiros que outrora povoaram o campo.
Pensei naqueles prisioneiros passando horas em pé, nus, num clima gelado, arrancados de suas famílias, seus cabelos rapados ao serem preparados para as câmaras de gás. Pensei naqueles que foram mantidos vivos apenas para trabalhar até a morte. Refleti sobre o quão insondável ainda é o Holocausto. A crueldade foi tão profunda, a visão de mundo nazista tão deformada, a mortandade tão calculada.
O campo de Birkenau parecia estender-se até o horizonte --uma vasta fábrica de morte. O Livro dos Nomes com a identificação de milhões de vítimas judias enchia uma sala, ainda que contivesse apenas uma fração do total, que também incluiu poloneses, ciganos, sinti, soviéticos, dissidentes, homossexuais, pessoas com deficiência e outros.
Fiquei comovido com um vídeo mostrando a vida dos judeus na Europa em 1930 --refeições em família, idas à praia, performances artísticas, casamentos e outros rituais, todos barbaramente extintos com o único assassínio sistemático na história.
Não podemos construir o futuro sem lembrar o passado. O que aconteceu pode se repetir. Combater o ódio está entre as principais missões da ONU. Nossos mecanismos trabalham para proteger as pessoas. Nossos tribunais esforçam-se para combater fazer justiça. Nossos especialistas escrutinam o mundo para detectar indícios de crimes atrozes.

O programa das Nações Unidas sobre o Holocausto vem trabalhando com professores e alunos de todos os continentes para promover os valores universais. Seu mais recente pacote ajudará a introduzir estudos nas salas de aula de países como Brasil, Nigéria, Rússia e Japão.
A poucos passos do crematório de Auschwitz, parei para refletir. Toquei numa cerca de arame farpado --já não eletrificada, mas ainda afiada e intimidante. Senti-me esmagado pela enormidade do que aconteceu e profundamente tocado pela coragem e sacrifício dos soldados e líderes que derrotaram a ameaça nazista.
Minha esperança é que a nossa geração e as que virão evitem que tal horror volte a acontecer, e construam um mundo de igualdade para todos.
BAN KI-MOON, 69, é secretário-geral da ONU (Organização das Nações Unidas). Foi ministro das Relações Exteriores e do Comércio da Coreia do Sul
Os artigos publicados com assinatura não traduzem a opinião do jornal. Sua publicação obedece ao propósito de estimular o debate dos problemas brasileiros e mundiais e de refletir as diversas tendências do pensamento contemporâneo. debates@uol.com.br


martedì 28 gennaio 2014

MATERIA E ANTIMATERIA



da:  Dott. Giuseppe Cotellessa (ENEA)

http://www.lescienze.it/news/2014/01/22/news/antidrogeno_antimateria_modello_standard-1976908/

Un fascio di antidrogeno per indagare l'universo

Una collaborazione internazionale del CERN di Ginevra, di cui fanno parte anche ricercatori italiani dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, ha prodotto per la prima volta un fascio di atomi di antidrogeno, il corrispettivo dell'idrogeno nel mondo dell'antimateria. Questo risultato dovrebbe permettere una verifica precisa delle previsioni del modello standard e potrebbe aiutare a risolvere uno di misteri della fisica, ovvero la prevalenza della materia rispetto all'antimateria nel cosmo.
 Dovrebbe permettere misurazioni più agevoli e più precise delle proprietà dell'antimateria e di verificare le previsioni del modello standard della fisica delle perticelle il nuovo metodo per produrre un fascio di atomi di antidrogeno descritto su “Nature Communication” da Naofumi Kuroda, ricercatore dell'Università di Tokio, e colleghi di un'ampia collaborazione internazionale, tra i quali Marco Leali, Evandro Lodi Rizzini, Nicola Zurlo e Luca Venturelli dell'Università di Brescia e della sezione bresciana dell'Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN), nell'ambito della collaborazione ASACUSA.
L'atomo di antidrogeno è il corrispettivo dell'atomo dell'idrogeno nel mondo dell'antimateria: è composto dall'antiparticella del protone, chiamata antiprotone, che ha la stessa massa del protone ma carica negativa invece che positiva, attorno a cui orbita un anti-elettrone, o positrone, cioè una particella con massa dell'elettrone ma con carica positiva, invece che negativa. Kuroda e colleghi hanno messo a punto una fonte di antimateria presso il deceleratore di antiprotoni del CERN di Ginevra, un dispositivo circolare che permette di immagazzinare le particelle, tipicamente elettroni, protoni e positroni.

Un fascio di antidrogeno per indagare l'universoUn elemento del complesso apparato sperimentale utilizzato nella collaborazione ASACUSA del CERN di Ginevra per lo studio dell'antimateria (cortesia CERN)

Nel nuovo apparato una serie di campi magnetici attentamente controllati permettono di miscelare antiprotoni e positroni. Da questa miscela, in opportune condizioni, è possibile ottenere un fascio di atomi di antidrogeno che viaggia in un una direzione definita, a differenza di quanto accade con i metodi di produzione di antimateria convenzionali. I ricercatori hanno prodotto ben 80 atomi di antidrogeno. Inoltre, dato ancora più rilevante del numero di atomi prodotti, questo fascio è stato fatto emergere dalla trappola magnetica in modo da essere analizzato con un rivelatore posto a 2,7 metri, un primato assoluto.
Il risultato ottenuto da Kuroda e colleghi sarà di notevole aiuto nella verifica del modello standard, che descrive la fisica che governa l'universo in termini di interazioni tra particelle e forze fondamentali. Il modello standard prevede che sia rispettata una fondamentale simmetria denominata CPT, ovvero che un sistema o un processo fisico sia descritto dalle stesse leggi del sistema ottenuto dal primo applicando tre trasformazioni: la coniugazione di carica “C”, che commuta ogni particella nella corrispondente antiparticella; la parità “P”, che inverte gli assi spaziali, come se il sistema fosse osservato in uno specchio; l'inversione temporale “T”, in virtù della quale il tempo scorre dal futuro al passato, come in un filmato fatto scorrere all'indietro.

Un fascio di antidrogeno per indagare l'universo


Rappresentazione schematica dell'apparato sperimentale: gli atomi di antidrogeno vengono prodotti nella trappola magnetica CUSP (rappresentata dalle linee di campo magnetico nella parte sinistra dell'illustrazione). Parte di questi antiatomi fluiscono verso la parte destra dell'apparato. Al termine della corsa, vengono rilevati.

 Questa simmetria ha una conseguenza sperimentale diretta: lo spettro della radiazione elettromagnetica emessa o assorbita nel passaggio dell'elettrone dell'idrogeno a livelli energetici diversi rispetto a quello di partenza deve avere un'esatta corrispondenza nell'atomo di antidrogeno. Ovvero, idrogeno e antidrogeno devono avere le stesse proprietà spettroscopiche.

Per poter effettuare studi spettroscopici dell'antidrogeno occorre superare due difficoltà sostanziali: la costruzione di complessi apparati per la produzione degli elusivi antiatomi, che tendono a decadere in frazioni infinitesime di secondo, e la necessità di usare intensi campi magnetici per il confinamento degli antiatomi in una "trappola magnetica". Se il "contenitore" fosse costituito di materia, un'eventuale contatto con l'antimateria distruggerebbe quest'ultima. La tecnica della trappola magnetica è usata nell'esperimento ALPHA del CERN di Ginevra, che ha ottenuto i maggiori successi nella produzione di antidrogeno: nel 2011, sono stati prodotti e intrappolati 112 atomi per 16 minuti, permettendo per la prima volta un'analisi spettroscopica di questa specie chimica del mondo dell'antimateria. L'accuratezza però era limitata proprio dalla presenza del campo magnetico, non permettendo di verificare la violazione di CPT in modo rigoroso.
Ora i risultati di Kuroda e colleghi aprono la strada a verifiche di questo tipo. "Il risultato appena pubblicato - spiega Venturelli dell'INFN di Brescia e dell'Università di Brescia che coordina il gruppo italiano della collaborazione - rende molto più concreta e vicina la possibilità di realizzare misure di precisione con gli atomi di anti-idrogeno". "E sondare le caratteristiche dell'antimateria  -  prosegue il ricercatore italiano - può aiutare a risolvere uno dei grandi misteri della fisica moderna: la prevalenza di materia rispetto all'antimateria nell'universo visibile".


SE TI E' PIACIUTO QUESTO POST NON PUOI PERDERE:

LA VERA STORIA EVOLUTIVA DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA
DI MARCO LA ROSA
E' UN'EDIZIONE OMPHILABS
ACQUISTABILE DIRETTAMENTE DAL SITO OMPHILABS ED IN LIBRERIA

http://www.omphilabs.it/prod/L-UOMO-KOSMICO.htm





domenica 26 gennaio 2014

IL SACRO DIRITTO AL DISSENSO


QUELLO CHE STA AVVENENDO IN UCRAINA IN QUESTI GIORNI E' ANCHE AFFAR NOSTRO.
E' IMPORTANTE CHE LO DIVENTI MA SOPRATUTTO E' IMPORTANTE SAPERE PERCHE' AVVIENE. NON LIMITIAMOCI AI LUOGHI COMUNI E AL SENTITO DIRE MA ANDIAMO AL CUORE DELLA QUESTIONE PERCHE' IN EFFETTI CI RIGUARDA DIRETTAMENTE E PESANTEMENTE.

MLR

Ucraina, il Grande Fratello controlla la piazza via sms

Di: Umberto Rapetto  23 gennaio 2014

Carissimo abbonato, abbiamo registrato il suo nominativo come partecipante ad una manifestazione di disturbo di massa: è questo il testo di un sms che sarebbe giunto sui telefonini dei dimostranti in un evento di protesta tenutosi nella giornata di martedì 21 gennaio a Kiev.
La notizia lanciata da Radio Svoboda (lemittente Libertà”) e poi rimbalzata sul New York Times si riferisce ad un corteo di protesta avvenuto allentrata in vigore di una nuova legge che vieta manifestazioni antagoniste al regime.
La circostanza dimostra che le locali forze dellOrdine sfruttano le reti telefoniche mobili per individuare la presenza di apparati cellulari in una determinata area in ragione della loro connessione alle stazioni base trasmittenti (BTS o più semplicemente i ponti che garantiscono le comunicazioni nella celladi propria copertura) installate in zona.
La dinamica di controllo in questione non fa rabbrividire solo sotto gli aspetti ideologici, politici, etici o morali, ma spaventa anche per la sua imprecisione tecnica. Il sistema infatti non riesce a setacciare in maniera corretta chi abbia aderito alla protesta, ma va a schedare chiunque (anche accidentalmente) si sia trovato nel raggio di portata del ponte radio o vi si sia agganciato per le più bizzarre combinazioni tecnologiche. Labbinamento automatico tra ponte radio, utenza e intestatario evoca lo spettro dei più brutali rastrellamenti e anche solo la minaccia di servirsene inquieta persino i più distratti.
Gli instancabili lettori di romanzi corrono a 1984. I cinefili, invece, subito pensano ad Elysiume ai robot della polizia informatizzata in grado di rilevare e localizzare il dissenso nella popolazione.
Chi è meno appassionato di libri o del grande schermo si limita a preoccuparsi senza cercare analogie nella narrativa o su questo o quel set.         


Chi è UMBERTO RAPETTO ?

E' un ex militare che conosce molto bene il suo mestiere, che ha onorato al servizio della comunità. Prima di essere costretto alle dimissioni -in pratica l'hanno buttato fuori a calci- era un ufficiale di carriera nella Guardia di Finanza, considerato il più grande esperto telematico europeo nel campo delle truffe on line e nelle azioni delittuose sul web, al comando di una squadra di esperti ingegneri del web. Aveva il grado di colonnello. Ha scoperto, anni fa, come le società produttrici e distributrici di video-slot in Italia avevano alterato i circuiti delle macchinette con un abile stratagemma e in un corposo rapporto aveva mostrato e dimostrato, con copiosa documentazione, come fossero riusciti a sottrarre all'erario ben 42 miliardi di euro. Da bravo militare aveva seguito la procedura formale: inviò il suo rapporto al generale suo superiore, poi al ministero degli interni, al ministero del tesoro, e infine alla corte dei conti. Lo fece con due governi. Scrisse a Berlusconi, Maroni, Tremonti, Monti, Passera, Cancellieri.
Nessuno gli diede retta e l'hanno buttato fuori dall'arma.
Come militare è in pensionamento.

Con tristezza devo sottolineare il fatto che il suo pezzo (molto molto breve ma incisivo nel darci delle informazioni) non ha avuto nessuna condivisione nè diffusione sui social networks, nonostante Il Fatto sia l'organo di stampa che vanta il più alto numero di condivisioni in assoluto su facebook.

DA:


per approfondire:

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/01/quando-un-giovane-poeta-viene.html


COME SEMPRE

GRAZIE SERGIO !

venerdì 24 gennaio 2014

RIVOLUZIONE ED EQUILIBRIO


Che cosa è lo spirito rivoluzionario se non il puro desiderio di un mondo pacifico, giusto e consapevole?
Pura utopia che la storia ci ripropone ciclicamente ed inesorabilmente.
Eppure in ogni epoca nascono uomini e donne che ben consci di ciò, dedicano la loro vita fino alla morte a questo ideale.
Il pensiero superficiale ed il senso comune guardano e passano senza curarsene e a volte, fanno peggio disprezzando il sacrificio.
LUniverso registra tutto e ne tiene nota, alla sua Coscienza non sfugge nulla e presto o tardi verrà da ognuno a presentare il conto perché lequilibrio deve essere ristabilito.

MLR



di Sergio Di Cori Modigliani

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/

Tratto da: Che fare? Ormai, i terroristi (a loro insaputa) sono tra noi.

Negli ultimi 800 anni di Storia non è mai accaduto che i detentori del potere abbiano riformato il Potere.
Tranne in due occasioni, una violenta e sanguinaria, l'altra pacifica e armonica.
E' accaduto nel 1789, in Francia, in seguito alla rivoluzione francese, quando Desmoulins, Robespierre, Danton e Marat vararono la nuova costituzione e cambiarono completamente la struttura dello stato.
Ed è accaduto anche nel 1933, in Usa, quando Roosevelt, Truman e Keynes, invece di arricchirsi foraggiati dal sistema banditesco della finanza internazionale, scelsero invece di imbavagliarla mettendola al servizio della comunità, avviando così il più vasto piano socio-economico di sviluppo che si sia mai verificato sul nostro pianeta.

Chi detiene il potere e ne usufruisce, godendo ampi spazi di privilegio, è difficile che vi rinunci per consentire -a chi il potere non ce l'ha- di avere accesso ai beni materiali.
Non appartiene all'epopea storica della nostra specie.
Ed è anche comprensibile.
E' atrocemente e irrimediabilmente umano.
Gli antichi echi dell'inconscio collettivo scimmiesco permangono ancora nel nostro bios genetico, determinando l'ipnosi bulimica dell'arroganza del più forte, come i gorilla.
Non ci siamo ancora completamente evoluti, come specie.
Abbiamo perso nei millenni un po' di pelame, la massa del nostro cervello si è ingigantita nei milioni di anni, abbiamo creato meraviglie stupefacenti nei secoli, ma siamo ancora al palo. Dai gorilla veniamo, gorilla siamo rimasti, altrimenti avremmo già da tempo eliminato dal pianeta Terra l'idea della guerra come strumento di risoluzione delle controversie tra persone che la pensano diversamente e in modo diverso vogliono vivere la loro esistenza.

Raramente chi gestisce il potere, un mattino si sveglia e, rendendosi conto che ha dieci mele da mangiare mentre milioni di persone non ne hanno neppure una, decida di distribuirne nove per venire incontro alle esigenze dei più deboli.
Nel suo splendido libro "Umano, troppo umano" il filosofo tedesco Friedrich Nietzche, 125 anni fa, ci illuminava con il suo gustoso paradosso spiegandoci che, se ci volevamo evolvere, la nostra stessa natura ci avrebbe costretto "a disumanizzarci per diventare umani" andando al di là del bene e del male, superando la necessità del controllo razionale per gestire l'ansia, dando vita alla creazione di un "superuomo" che non è il supergorilla macho immaginato dagli spiriti più ignoranti e volgari, bensì l'esatto opposto: l'homo armonicus, che può essere felice solo e soltanto se vive inserito in una collettività dove l'intera comunità è felice, nessuno escluso.

La saggezza, la lungimiranza, la cultura, la preveggenza di chi detiene il potere consiste, per l'appunto, nel fare in modo che non si arrivi mai al punto in cui la Storia batte un colpo presentando il conto, in modo tale da impedire che si verifichi una delle due possibilità su enunciate, quella sanguinosa.
Perchè quando il punto di rottura si avvicina, salta ogni dispositivo di controllo e la massa dilaga senza più freni inibitori.
 A questo, a pensarci, serve in Italia la televisione, la stampa narcolettica, i giochetti su facebook, ecc., a fare in modo che la gente si addormenti sempre di più assopita dalle nuove droghe psicotroniche e quindi si allontani lo spettro di potenziali rivolte.
Nel 1932, in Usa, probabilmente i potenti non avevano intenzione di imbavagliare le banche, la finanza, e obbligare l'oligarchia a scendere a patti, ma la violenza individuale aveva cominciato a manifestarsi in maniera talmente dirompente che gli spiriti più illuminati e visionari avevano capito che era necessario inventarsi qualcosa per impedire che in Usa scoppiasse una gigantesca rivoluzione; basti pensare che nel 1931 c'erano state un numero di rapine alle banche equivalente a quelle verificatesi tra il 1910 e il 1930. In quell'anno, infatti, a Parigi, Lev Trotzkij, dove era riparato in esilio, aveva preconizzato lo scoppio di una rivoluzione e aveva accettato l'invito del pittore Diego Rivera di trasferirsi nel Messico settentrionale, e da lì partecipare alla lotta: gli oligarchi americani avevano esagerato e la popolazione aveva raggiunto il limite massimo di esasperazione.
Poi, invece, andò diversamente

Continua a leggere qui:
http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/01/che-fare-ormai-i-terroristi-sono-tra-di.html


mercoledì 22 gennaio 2014

CREATO IN LABORATORIO PROTOTIPO DI MIDOLLO ARTIFICIALE PER LA CURA DELLE LEUCEMIE

NUOVE RICERCHE E NUOVE SPERANZE:



Migliora la produzione di staminali. Si apre la via per una possibile cura futura per leucemie. Lo studio della Tubingen University


 Un prototipo di midollo osseo artificiale è stato realizzato dagli scienziati del Max Planck Institute for Intelligent Systems di Stoccarda, insieme ai colleghi della Tubingen University. La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Biomaterials, è composta da una struttura porosa che, raccontano gli esperti, "possiede le caratteristiche del midollo osseo naturale e potrà essere usata per riprodurre cellule staminali in laboratorio, ma anche per migliorare nei prossimi anni le cure per malattie come la leucemia".
Con l'aiuto di polimeri sintetici, gli scienziati hanno creato una struttura che simula quella di una spugna, come nelle nostre ossa; inoltre, hanno aggiunto a questo prototipo dei blocchi di proteine simili a quelle naturali, creando una matrice che facilita l'adesione delle cellule. A questo punto, ottenuto un 'involucro' funzionante, i ricercatori hanno introdotto nel midollo artificiale delle cellule staminali ricavate dal sangue del cordone ombelicale, e le hanno lasciate crescere. "Analisi accurate hanno rivelato che le cellule si riproducono bene in questo midollo osseo artificiale. Paragonato ai metodi standard per la coltivazione delle cellule, il nostro midollo artificiale permette di mantenere molto meglio le caratteristiche che rendono 'staminali' queste cellule" e quindi più elevata la loro qualità.
Il prossimo passaggio, confermano i ricercatori, sarà ora quello di ricalcare il più possibile le caratteristiche del midollo naturale e di utilizzare la scoperta per capire a fondo le interazioni tra i diversi materiali e le cellule staminali.
Questo aiuterà ad approfondire il modo in cui le staminali sono influenzate e controllate dai polimeri sintetici e quindi anche ad elaborare una cura contro la leucemia entro i prossimi 10-15 anni.

Da:

http://www.repubblica.it/salute/ricerca/2014/01/17/news/creato_in_laboratorio_prototipo_midollo_artificiale-76211153/