IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: la vera genesi dell'Homo sapiens

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VIDEO SINOSSI DELL'UOMO KOSMICO

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Con questo libro Marco La Rosa ha vinto il
PREMIO NAZIONALE CRONACHE DEL MISTERO
ALTIPIANI DI ARCINAZZO 2014
* MISTERI DELLA STORIA *

con il patrocinio di: • Associazione socio-culturale ITALIA MIA di Roma, • Regione Lazio, • Provincia di Roma, • Comune di Arcinazzo Romano, e in collaborazione con • Associazione Promedia • PerlawebTV, e con la partnership dei siti internet • www.luoghimisteriosi.it • www.ilpuntosulmistero.it

LA NUOVA CONOSCENZA

LA NUOVA CONOSCENZA

GdM

lunedì 30 marzo 2015

IL PONTE DI ADAMO


Riadattamento e precisazioni di Marco La Rosa

Nello stretto di Palk, Oceano Indiano, si trova una particolare conformazione geografica, una sottile striscia di terra che unisce l'India meridionale con lo Sri Lanka. Denominato “Ponte di Adamo”, secondo alcuni potrebbe essere ciò che resta di un antico ponte risalente ad un'epoca pre-diluviana.

Storici, archeologi e ricercatori “ortodossi” ritengono che le prime civiltà complesse siano comparse sulla Terra circa 5 mila anni fa. Costoro sottolineano il fatto che mancano prove concrete per sostenere l’esistenza di una cultura precedente, sorta prima dell’ascesa dei Sumeri e degli Egizi. Quando ricercatori e studiosi  come Peter Kolosimo, Erich von Daniken,  Zecharia Sitchin, Robert Bauval e Graham Hancock  (solo per citarne alcuni) proposero che strutture come quelle presenti sulla piana di Giza o in sud America potessero essere  molto più antiche di quanto la storia ufficiale pensasse, le loro teorie vennero  prontamente osteggiate ed etichettate come eretiche. Eppure, racconti di una catastrofica inondazione sono palesemente comuni in molte culture: sumeri, greci, cinesi, nativi americani e si tratta di storie antiche di millenni.  Anche la geologia ormai ritiene plausibile che qualcosa di terribile sia avvenuto sul nostro pianeta circa 13 mila anni fa. Un recente studio dimostra che intorno a quell’epoca, la terra fu colpita da un intenso bombardamento di meteoriti. Sulla superficie della Luna risultano molto evidenti, mentre sulla terra occorrono studi appropriati per portarli alla luce. Guarda caso anche la scoperta e datazione dei molti ipogei scavati dall’uomo, e sparsi in diversi luoghi del mondo,  risultano antichi quanto il cosiddetto diluvio universale. Quindi possiamo ipotizzare che a quel tempo molte civiltà progredite popolavano la terra e le tracce lasciate in tutto il mondo, da Giza a Tiahuanaco ecc… forse indicano che i sopravvissuti a questo grande cataclisma hanno poi ripopolato il pianeta ripartendo da zero.

Una cometa è caduta sul nostro pianeta 13 mila anni fa?

Nel corso degli anni, sono state scoperte una serie di notevoli strutture sommerse, molte delle quali non possono essere spiegate con la cronologia comunemente accettata dai ricercatori. Questi ritrovamenti sono un ulteriore indizio riguardo il diluvio universale successivamente “mitizzato” (es.: Bimini Road: l’indizio convincente dell’esistenza di Atlantide?; Yonaguni: formazioni naturali sommerse o monumenti di 10 mila anni fa? Ecc..).

Il ponte di Adamo:

Secondo alcuni ricercatori, uno dei più sorprendenti indizi di una civiltà fiorita in epoca anteriore al cataclisma di 13 mila anni fa è rappresentato da quello che viene definito “Ponte di Adamo”, una stretta striscia di terra lunga 30 km che collega l’India meridionale con lo Sri Lanka. Per lungo tempo si è ritenuto che questo lembo di terra fosse una formazione naturale. Tuttavia, immagini satellitari scattate dalla NASA all’inizio del 2003, hanno acceso un aspro dibattito tra gli scienziati, dato che, secondo alcuni, la struttura sembra essere di origine artificiale.


Le foto, infatti, mostrano che la curiosa conformazione nello stretto di Palk è molto più simile ad un lungo ponte distrutto, ormai sommerso dall’oceano. Alcune parti del “ponte” sono asciutte, altre sono sommerse in un basso fondale (da 1 a 10 metri). Secondo fonti storiche, intorno al 15° secolo la striscia di terra era ancora praticabile a piedi, almeno fino al 1480 quando fu definitivamente distrutta da un ciclone.

 Il nome:

La tradizione Indù afferma  che il lembo di terra è un ponte costruito da loro amato dio Rama. Sin dall’antichità, infatti, è conosciuto come “Ponte di Rama” o “Rama Setu”. Rama è la più popolare manifestazione del Dio Supremo per la grande maggioranza dei 900 milioni di induisti in tutto il mondo. È riconosciuto come l’immagine, lo spirito e la consapevolezza dell’Induismo,  che è anche la religione organizzata più antica del mondo. La vita e le imprese eroiche di Rama sono narrate nel Ramayana, un antico poema epico composto in  sanscrito, che letteralmente significa “Il viaggio di Rama”, nel quale si narra di un tempo in cui gli dei viaggiavano a bordo di navi volanti (vimana) e di giganti che camminavano sulla Terra. Dunque, quella redatta da Valmiki è solo un’opera narrativa devozionale, oppure fa riferimento a fonti più antiche che riportano impressionanti eventi storici? È possibile che il “Ponte di Adamo” sia la struttura descritta in queste antiche fonti? Secondo quanto raccontato nel poema epico, Sita, la moglie di Rama, venne rapita da Ravana, il re demoniaco a 10 teste di Lanka. Rama, nel tentativo di salvare Sita, radunò un esercito di uomini scimmia, i Vanara.

I Vanara, per come sono descritti nell’epica, sono divertenti, infantili, leggermente irritanti, importuni, iperattivi, avventurosi, di un’onestà disarmante, leali, coraggiosi, e di buon cuore; sono un po’ più bassi di un essere umano e sono coperti da una leggera pelliccia, generalmente marrone. Rama scopre che Sita è tenuta prigioniera sull’isola di Lanka (Sri Lanka). Impossibilitato a muovere il suo esercito attraverso l’oceano, Rama chiede aiuto ai Vanara per la costruzione di un ponte tra la terra ferma e l’isola di Lanka. I Vanara costruiscono una strada rialzata con rocce e massi, alcuni descritti grandi quanto montagne. La costruzione dell’opera richiese cinque giorni e una volta completata, permise a Rama di  raggiungere ed uccidere Ravana e salvare la sua amata.

Mito o storia?

Innanzitutto bisogna dire che ad oggi esiste una notevole diversità di opinioni tra gli scienziati, molti dei quali affermano che sia il risultato di un processo di innalzamento della crosta terrestre, altri che si sia formata all’indomani della separazione dello Sri Lanka dal continente Indiano. Il punto cruciale è rappresentato dai grossi blocchi calcarei rettangolari presenti alla base della struttura, che farebbero pensare, invece,  ad un’origine artificiale. Il dottor T.S.Badrinarayanan, ex direttore del  Geological Survey of India, ha eseguito delle analisi sulla struttura concludendo che è di origine artificiale. Il suo team infatti è giunto alla conclusione che i materiali provenienti da entrambe le rive sono stati collocati sul fondo sabbioso per formare la strada rialzata.

I curiosi Vanara:



Come spiega la dottoressa Rita Louise su Ancient Origins, secondo il poema di Valmiki, Rama visse durante il Treta Yuga, la seconda delle quattro ere di evoluzione della vita (yuga) e precisamente il periodo durante il quale l’essere umano riesce a comprendere il magnetismo divino il quale è all’origine delle varie forze elettriche. Il magnetismo è in stretta correlazione con l’esistenza di tutto il creato. La tradizione indù fa risalire il Treta Yuga ad un periodo compreso tra i 2 milioni  e cento sessanta mila anni fa e gli 869 mila anni fa. Secondo alcuni studiosi, ciò che sorprende è una coincidenza curiosa che riguarda i Vanara, ovvero gli “uomini scimmia” che hanno aiutato Rama a costruire il ponte. I Vanara, secondo quanto riportato dal Ramayana, erano i figli degli dèi, umanoidi con sembianze scimmiesche e dal cuore buono. Gli dèi crearono i Vanara poco dopo la nascita di Rama, al fine di aiutarlo nella sua battaglia contro Ravana. Ma chi erano questi uomini scimmia? È possibile che quanto tramandato nel poema descriva i primi ominidi presenti sulla terra? Circa 2.5 milioni di anni fa (poco prima dell’inizio del Treta Yuga), l’evoluzione dei primati aveva un andamento a se stante. Poi improvvisamente è comparso praticamente dal nulla l’ Homo sapiens, è quindi possibile che questi scritti antichi riportino storie ancora del tutto da interpretare come ad esempio nella Genesi biblica e negli scritti cuneiformi sumeri? È possibile che i Vanara del poema sanscrito  corrispondano a quello che vi era sulla terra e che poi gli “dei – alieni” utilizzarono per creare l’Adam? Certamente, si tratta di un’ipotesi molto suggestiva. È interessante notare che il nome “Ponte di Adamo” proviene da una leggenda islamica secondo la quale Adamo, il primo uomo sulla terra, ha attraversato questo ponte dopo essere stato espulso dal  Gan –Eden  o paradiso Terrestre.

Anche questo è un percorso circolare, dove guarda caso tutto torna e…combacia.

…lo studio continua…

fonte:
http://www.ilnavigatorecurioso.it/2015/03/25/il-ponte-di-adamo-la-struttura-artificiale-precedente-al-diluvio-universale-la-scienza-conferma-il-mito/

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LA VERA "GENESI" DELL'UOMO E' COME CI HANNO SEMPRE RACCONTATO? OPPURE E' UNA STORIA COMPLETAMENTE DIVERSA?

"L'UOMO KOSMICO", TEORIA DI UN'EVOLUZIONE NON RICONOSCIUTA"
" IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE: LA VERA GENESI DELL'HOMO SAPIENS"
DI MARCO LA ROSA
SONO EDIZIONI OmPhi Labs




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mercoledì 25 marzo 2015

ANTICHI ASTRONAUTI E CIVILTA' IMPROVVISE


Riadattamento e precisazioni di MARCO LA ROSA

Il parere degli archeologi tradizionali è pressoché unanime nello stabilire che la storia umana abbia avuto inizio in Mesopotamia, l'attuale Iraq, con la grande civiltà dei Sumeri. Tuttavia, nel sito archeologico di Al Ubaid sono stati ritrovati numerosi manufatti pre-sumeri che risalgono a oltre 7 mila anni fa, molti dei quali rappresentano enigmatici umanoidi con chiari lineamenti rettiliani. La cultura preistorica di Ubaid è fiorita in Mesopotamia tra il 4 mila e il 5 mila a.C.  e come  per i Sumeri, anche l'origine del popolo Ubaidiano è sconosciuta o meglio, possiamo dire che tale civiltà è “comparsa improvvisamente” dal nulla già completamente formata.  L'architettura avanzata espressa da questa civiltà comprendeva grandi case a forma di T, cortili aperti, strade lastricate,  i templi iniziarono a fare la loro comparsa, così come i grandi edifici monumentali come in Eridu, Ur e Uruk, i siti più importanti della civiltà sumera. Secondo quanto riportato dai testi antichi dei sumeri, Ur era considerata la prima città esistita sul nostro pianeta. Queste enigmatiche civiltà, come riportato anche su Ancient Origins, hanno prodotto manufatti misteriosi e di difficile interpretazione. Nel sito di  Al'Ubaid, come  in Ur e in Eridu, sono venute alla luce statuine inizialmente definite antropomorfe.  Il primo esploratore a scavare il sito di Al'Ubaid fu Harry Reginald Hal nel 1919, un piccolo tumulo di circa mezzo chilometro di diametro e con un altezza di circa due metri dal suolo. Lo scavo portò alla luce diverse figurine maschili e femminili in diverse posture e nella maggior parte dei casi l’abbigliamento delle stesse  pare rappresentare caschi  ed imbottiture sulle spalle, come i moderni astronauti.  Altre figurine reggono una sorta di scettro, forse un simbolo regale e di potere.


 Il fatto più curioso è che i lineamenti dei volti di queste figure  hanno sembianze rettiliane, con lunghe teste, occhi a mandorla e il naso molto simile a quello delle lucertole. Tra le statuine più strane ci sono alcune figurine femminili che reggono in braccio un lattante con le sembianze di una lucertola. Cosa o chi rappresentino esattamente  è da molti anni oggetto di numerose diatribe, ma resta il fatto che l’archeologia ufficiale a tutt’oggi non può dare nessuna spiegazione plausibile che resti nel campo “terrestre”. Queste rappresentazioni, qualsiasi cosa volessero descrivere, doveva essere  particolarmente importante per la cultura di Ubaid. Nel pantheon delle divinità sumere figura Enki, la divinità dei mestieri, del bene, dell'acqua, del mare, dei laghi, della sapienza e della creazione. Enki, in alcune rappresentazioni, appare come un essere metà uomo e metà serpente. Il significato del suo nome dovrebbe essere "signore della terra". Egli era il custode dei poteri divini chiamati Me, i doni della civilizzazione dei quali avrebbe beneficiato l'umanità. La sua immagine è un serpente attorcigliato, anche definito “caduceo”,  simile al successivo  Bastone di Asclepio. Secondo l'opinione di alcuni autori, non sorprende che il simbolo di Enki sia stato poi usato come simbolo della medicina, data la sua sconcertante somiglianza con la doppia elica del DNA. (leggi anche: IL RISVEGLIO DEL CADUCEO DORMIENTE, la vera genesi dell’Homo sapiens – Marco La Rosa – OmPhi Labs Edizioni 2015).



 Il termine Sumero è in realtà il nome dato agli antichi abitanti della Mesopotamia dai loro successori, il popolo semitico degli Accadi. I Sumeri, (o Shumeri da Shumer) infatti, chiamavano se stessi sag-giga, letteralmente "la gente dalla testa nera" e la loro terra Ki-en-gi, "luogo dei signori civilizzati". Il sistema religioso dei sumeri era un complesso pantheon abitato da centinaia di divinità. Secondo gli antichi testi religiosi, gli dei e gli esseri umani vivevano all’inizio dei tempi (dopo la creazione dell’Adam) insieme sulla Terra. Ogni città sumera era 'sorvegliata' da un proprio dio, e gli esseri umani erano impiegati come servi degli dei. (vedi tavolette cuneiformi sumere: “lulu” la corvee degli Dei). Tuttavia, quando si legge il mito della creazione sumero, ritrovato su una tavoletta di Nippur, un'antica città mesopotamica fondata secondo i dati ufficiali nel  cinquemila a.C., si apprende che La creazione della Terra secondo il testo dell’ Enuma Elish è avvenuta così:

“Quando in alto il Cielo non aveva ancora un nome,
E la Terra, in basso, non era ancora stata chiamata con il suo nome,
Nulla esisteva eccetto Apsû, l'antico, il loro creatore,
E Mummu e TiÄmat, la madre di loro tutti,
Le loro acque si mescolarono insieme
E i pascoli non erano ancora formati, né i canneti esistevano;
Quando nessuno degli Dei era ancora manifesto.
Nessuno aveva un nome e i loro destini erano incerti.
Allora, in mezzo a loro presero forma gli Dei”.

Dal racconto pare che nessuna delle divinità del pantheon sumero sia responsabile della creazione, anzi gli stessi dei sono parte della creazione, però poi qualcuno conferisce loro il potere di operare sul creato per “trasformarlo” a loro piacere.  La mitologia sumera sostiene che in principio gli esseri umani erano governati dagli Elohim. Questi esseri erano in grado di viaggiare attraverso il cielo in veicoli di forma rotonda o cilindrica. Successivamente alla loro permanenza sul pianeta, diedero origine ai Nephilim. Chi erano i Nephilim della Bibbia: divinità mezzosangue? Ma probabilmente anche gli antichi astronauti? Secondo i miti, gli Elohim sarebbero venuti sulla Terra per renderla abitabile al fine di sfruttarne le risorse minerarie, ed unendosi poi con "le figlie degli uomini" diedero origine ai Nephilim, comunemente conosciuti come "giganti"!  I testi antichi poi riferiscono che a un certo punto alcuni dei si ribellano contro i loro "comandanti":

“Quando gli dei, come gli uomini,
eseguivano il lavoro e ne pagavano le conseguenze
la loro fatica era straordinaria,
il lavoro pesante e l'angoscia era alta”.

Anu, il capo degli dei, convenne che il lavoro per i suoi sottoposti era davvero troppo grande. Suo figlio Enki (conosciuto anche come Ea) propose di creare un essere (lulu) che si sobbarcasse il lavoro degli altri dei. Così, con l'aiuto della sua sorellastra Ninki, crearono l'uomo per farne un lavoratore 'a loro immagine'.
I testi affermano che da  un Dio (Elohim) fu  estratto quel “quid che contiene l’immagine” (DNA) e successivamente innestato in un altro “terreno fertile” (mescolato con argilla).  Da questo materiale primordiale fu creato il primo essere umano, a somiglianza degli dei. La prima coppia umana fu creata è posta in  Gan-Eden, una parola sumera che significa “giardino recintato”. Nell'Epopea di Gilgamesh, Eden è menzionato come il giardino degli dei e si trova da qualche parte in Mesopotamia tra i fiumi Tigri ed Eufrate…

FONTI:

Tutto questo e molto altro lo potrete approfondire nel:

lunedì 23 marzo 2015

IL "PECCATO ORIGINALE" DELLA RICERCA SCIENTIFICA


Tante malattie o…. una sola malattia?

 Evidenze e Incidenza delle principali patologie degenerative in Italia
Tipologia n. individui ammalati al 31.12.2013:

CANCRO 2.800.000; nuovi ammalati ogni anno = 300.000

ALZHEIMER 1.000.000; nuovi ammalati ogni anno = 150.000

PARKINSON 250.000; nuovi ammalati ogni anno = dato non disponibile

 SCLEROSI MULTIPLA 60.000; nuovi ammalati ogni anno = dato non disponibile

 EPILESSIA 500.000; nuovi ammalati ogni anno = 25.000

Totale : quasi 5 milioni di persone solo nel nostro paese = circa il 10% della popolazione (senza contare le patologie minori). Questi numeri fanno impressione !! E fa impressione, e contemporaneamente provoca sconcerto, il fiume di danaro che viene impiegato (nel mondo), e da decenni, per la Ricerca Scientifica dedicata al loro …“contrasto”. E’ a dir poco desolante !! Ma, mi dico, se questi sono i risultati…ci deve essere per forza qualcosa di sbagliato nella sua impostazione…..una sorta di….”peccato originale”……ma dove? Il “Peccato Originale” della Ricerca Scientifica Dal punto di vista “eziologico” (studio delle cause) le malattie si possono suddividere in: · congenite: le malattie e le malformazioni già presenti nel feto al momento del parto · acquisite tramite contagio (malattie infettive) · dovuta all'accumulo o alla carenza di determinate sostanze nell'organismo (ad es. argiria, scorbuto) · sorte a causa dell'esposizione dell'organismo a determinate sostanze, o agenti, che ne determinano una mutazione genetica (patologie genetiche degenerative). Le malattie genetiche sono malattie causate da un'alterazione del patrimonio genetico (DNA) che, in alcuni casi sono ereditarie. Non tutte queste patologie sono trasmesse alle generazioni successive in quanto il patrimonio genetico di un individuo può subire modificazioni, mediante fattori esterni (es.: radiazioni nucleari, cancerogeni chimici, farmaci ecc.), anche dopo la nascita e, se queste mutazioni non coinvolgono le cellule germinali (spermatozoi nel maschio e ovuli nella femmina), ma le cellule somatiche (cioè quelle che compongono i tessuti e gli organi), la persona che ne è portatore non le trasmetterà ai propri figli. E questo è il caso del cancro, malattia genetica non ereditaria. Ma in massima parte anche delle altre patologie degenerative sopra citate. E la MUTAZIONE ne è quindi la causa primaria, così come si ostinano a spiegarci, o meglio, una o più delle innumerevoli possibili mutazioni riscontrate nei tessuti patologici ( gene PSEN1, PSEN2, APP,APOE solo per l’Alzheimer - MMR, BRCA1, BRCA2- MUTYH- FANC, BLM, ATM, geni XP-P53- VHL-PTEN, ecc. per il Cancro..) ?? Sono queste fantomatiche sigle, cui si aggiungeranno quelle che i ricercatori, nell’affannosa ricerca dell’infinitesimo piccolo, rintracceranno in futuro fra le molecole organiche che ci compongono, che sono le cause di tutte queste malattie? Ma…. ne siamo proprio sicuri? Ne sono proprio sicuri? A me non sembra proprio….a pensarci bene, le mutazioni…., e queste alterazioni, sono solo delle conseguenze……… Le vere cause sono gli “agenti” che le provocano…o mi sbaglio? Un singolo agente mutageno (ad es: radiazione) può provocare il danno genetico in una qualsiasi delle strutture cellulari, e quindi in uno qualsiasi dei tessuti che ci compongono, a seconda di quale ne sia il bersaglio….dando origine ad una mutazione che provocherà questa patologia (cancro) o quella (alzheimer, parkinson) , a seconda della mutazione e del danno arrecato…. Tuttavia la Ricerca, e i settori economici da essa alimentati, è tutta orientata invece ad individuare, all’interno delle cellule, le singole alterazioni del patrimonio genetico, le singole mutazioni, e a proporci “nuovi farmaci mirati” volti ad ostacolarne i successivi processi metabolici da queste derivanti…… La c.d. “Comunità Scientifica” quindi, è tutta protesa a ricercare SOLO il danno, ma NON il colpevole. Per quale motivo? Migliaia di ricercatori nel mondo, tutti con lo sguardo unicamente proteso verso l’infinitamente piccolo, e centinaia di migliaia di miliardi, spesi per ricercare i vari BRCA1, BRCA2- MUTYH- FANC, BLM..ecc. (e continuare ancora a farlo) senza essere ancora riusciti a fare una sintesi di tutto ciò? Ma è così difficile? Forse perché usare solo la testa (senza microscopio), non produce risultati “scientificamente accettabili”? Ma perché non cercare invece di individuare invece gli agenti che provocano le mutazioni (che in realtà si conoscono già), verificarne la presenza nell’ambiente, stabilirne la provenienza e studiare le contromisure per evitarli, o addirittura eliminarli? Siamo proprio sicuri che se la Ricerca persegue solo questi obiettivi, riusciremo ad invertire il “trend” relativo all’incidenza di tali patologie? Non si è perso di vista l’obiettivo principale? Cioè l’individuazione della vera causa, quella consapevolezza che ti può porre nella condizione di adottare VERE MISURE DI PREVENZIONE? Sembra che nessuno si renda conto della tragedia a cui sta andando incontro l’umanità. I vari organismi nazionali e sovranazionali da chi sono diretti? Cosa fanno? Pensano forse che nascondere la polvere sotto al tappeto sia la soluzione migliore? O la salute dunque è diventata, in un siffatto sistema, non più una questione etica o scientifica, ma solo garanzia di rendimento economico (profitto), e le malattie un ulteriore ambito (delinquenziale) di gestione del potere (controllo sociale)? LEGGI ANCHE : Cronache dalla Galassia n.3 UN INVITO: Ci avviciniamo al periodo relativo alla Dichiarazione dei Redditi. Vi ricordo quindi della possibilità di destinare il 5 per mille alla nostra Fondazione, ma anche la possibilità di aiutarci nello sviluppo di altri rami di attività, che non possono beneficiare dell’utilizzo di questi fondi: Informazione (siamo in procinto, finalmente, di rinnovare il sito online) Assistenza ai malati, (stiamo valutando la possibilità/necessità di una sede operativa più ampia, che consenta una migliore resa del servizio di visita e assistenza medica per far fronte ad una richiesta sempre più massiccia) Formazione Professionale dei medici prescrittori, e di nuovo medici che vogliano aggiungersi alla nostra “rete territoriale”. Avete la possibilità di aiutarci attraverso queste ulteriori modalità di contribuzione volontaria: http://www.metododibella.org/it/mdb/links.do?idTipologia=128587&tipologia=SOSTIENI%20LA%20FONDAZIONE oppure “online” con Carta di Credito, tramite il link inserito sull’Home Page del nostro sito.


 Vi ringrazio


Alessandro Ricchi (Fondazione Giuseppe Di Bella ONLUS)

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giovedì 19 marzo 2015

"LA VIA LATTEA, I WORMHOLE E...GLI UFO"


Intervista al professor Salucci: “La Via Lattea, i wormhole e… gli ufo”

di: Sabrina Pieragostini


Il suo studio fa discutere, sorprendere e sognare. È uno studio scientifico, pubblicato dall’autorevole rivista Annals of Physics, nel quale si avanza una proposta provocatoria: e se la Via Lattea non fosse altro che il gigantesco motore di un wormhole, ovvero un tunnel spazio-temporale che collega due punti dell’universo?

“Possible existence of wormholes in the central regions of halos Original Research Article
Annals of Physics, Volume 350, November 2014, Pages 561-567
Farook Rahaman, P. Salucci, P.K.F. Kuhfittig, Saibal Ray, Mosiur Rahaman”

“Abstract
An earlier study (Rahaman, et al., 2014 and Kuhfittig, 2014) has demonstrated the possible existence of wormholes in the outer regions of the galactic halo, based on the Navarro–Frenk–White (NFW) density profile. This paper uses the Universal Rotation Curve (URC) dark matter model to obtain analogous results for the central parts of the halo. This result is an important compliment to the earlier result, thereby confirming the possible existence of wormholes in most of the spiral galaxies”.

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0003491614002395

L’autore ( o meglio uno degli autori ndr) di questa idea-choc è Paolo Salucci, docente della SISSA di Trieste (la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati). Lo considerano uno dei principali esperti mondiali di materia oscura. E proprio partendo da una nuova interpretazione di questa realtà assai sfuggente, ma innegabile, che compone la maggior parte di ciò che ci circonda, il professore è arrivato alla sua ipotesi sconcertante. “Nell’universo, in tutte le sue strutture come galassie ed ammassi di galassie, noi ci accorgiamo che ci sono dei moti diretti da qualcosa che non vediamo. Ad esempio alcune stelle in alcune galassie ruotano ad una velocità molto maggiore e molto diversa da quella che noi ci aspetteremmo. È un fenomeno ben conosciuto da ormai 30 anni: la maggior parte della materia è praticamente invisibile, invisibile all’occhio perché non emette alcuna radiazione, eppure agisce gravitazionalmente. Questa è l’idea di base del concetto di materia oscura, che è presente ovunque, in tutto l’universo”, mi ha spiegato in una lunga intervista via Skype, mentre eravamo davanti ai nostri Pc e ad una telecamera che ha registrato tutto. Una materia che c’è, dunque, ma non si vede e che in decenni di ricerche non è mai stata individuata: nessun laboratorio finora ha scoperto la particella che la compone. Sappiamo che esiste- dagli effetti che manifesta- ma non sappiamo cosa la produca. Un bel mistero. Ecco perché il professor Salucci- nel pieno rispetto delle leggi della fisica classica e senza inventare nulla- ha provato un approccio diverso: ha immaginato che si tratti di energia. “Un lavoro certamente provocatorio e nelle sue prime fasi di realizzazione consiste nell’ abbandonare l’ipotesi che questa forza oscura sia dovuta a normale materia, anche se materia che non emette luce, ma appartenga ad una struttura dello spazio-tempo. Ne deriva che (assumendo che l’effetto visibile sia creato dallo spazio-tempo stesso curvato in un certo senso anche a livello galattico) questa curvatura è capace di aprire quelli che chiamiamo cunicoli spazio-temporali. Cioè se a questa forza le associamo un’energia dello spazio-tempo a livello galattico, questa energia è capace di formare un wormhole e questo wormhole è addirittura stabile e potrebbe essere (teoricamente) attraversato , cioè potrebbe essere usato per passare da una posizione all’altra o nella nostra galassia o nell’universo”, dice l’astrofisico di Trieste…

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lunedì 16 marzo 2015

IL MESSIA UNIVERSALE ...ED I MANUFATTI MISTERIOSI DI "LA MANA'" (ECUADOR)


MANUFATTI MISTERIOSI: LA PIRAMIDE NERA “FLUORESCENTE” CON L’OCCHIO CHE TUTTO VEDE E ALTRI INCREDIBILI REPERTI... LA SCOPERTA DI UN MESSIA UNIVERSALE ?

aggiunte e considerazioni di MARCO LA ROSA

Nel 1984, un ingegnere in cerca di pepite d'oro si imbatte in una scoperta impressionante: una grotta nella giungla di La Manà, Ecuador, con più di 300 misteriosi artefatti. Tra i ritrovamenti, quello che colpisce di più è una piramide nera con proprietà fluorescenti, modellata secondo la simbologia attribuita agli “Illuminati di Baviera”. Inoltre, l'artefatto presenta un'iscrizione in pre-sanscrito, ma tra gli altri reperti anche: un serpente (cobra); pietre con incise delle spirali; mappamondi su pietra; un set completo di coppa Graal e dodici coppe più piccole; il tutto se esposto ai raggi ultravioletti appare fluorescente.








Il manufatto piramidale presenta incise tredici file di mattoni, (SIMBOLO= 12 +1) su cui si staglia l’enigmatico “occhio che tutto vede”, tutto molto simile alla piramide che compare sulla banconota americana da un dollaro.



 Nulla di strano, se non fosse per il fatto che la reliquia presenta alcuni caratteri incisi in quelli che sono stati riconosciuti come appartenenti all’alfabeto pre-sanscrito, ovvero la lingua matrice del sanscrito in uso circa 4 mila anni fa. Dunque, come è possibile coniugare nello stesso oggetto un simbolo del 18° secolo con un’iscrizione del 3°-4° millennio a.C.? Le decorazioni “massoniche” sono state realizzate in un secondo momento? Oppure, la Piramide Nera indica che la tradizione degli “illuminati” è molto più antica di quanto si pensi? È possibile che gli aderenti alla cosiddetta setta degli “Illuminati di Baviera” siano in possesso di conoscenze occulte risalenti al passato remoto dell’umanità e che facciano riferimento agli “antichi dei” che discesero sulla Terra? Grandi domande, per poche risposte disponibili.

La scoperta:

Il ritrovamento della Piramide Nera si deve all’ingegnere Elias Sotomayos, il quale, tutt’altro che interessato a misteriosi reperti archeologici, era impegnato in una corsa all’oro nella giungla di La Manà, Ecuador. Nel corso della spedizione, il cercatore d’oro si imbatté in un tunnel che si addentrava per più di 100 metri nelle viscere delle montagne ecuadoregne, fino ad arrivare in una camera con più di 300 reperti di origine sconosciuta, (vedi foto sopra) tra cui figurava appunto la Piramide Nera. Oltre ai mattoni incisi e alla scritta in pre-sanscrito, la piramide presenta un ulteriore componente interessante: un occhio intarsiato alla sommità della piramide realizzato con un misterioso materiale che si mostra fluorescente quando illuminato da luce ultravioletta, così da brillare come un occhio vero. Tuttavia, secondo il ricercatore austriaco Klaus Dona, cercatore di “oggetti fuori posto” (Ooparts), l’occhio sulla piramide non sembra umano; l’intento della fluorescenza era forse quello di renderlo come “occhio divino”, illuminato e illuminante.

Costellazione di Orione e testo:



La Piramide Nera, sotto la base, presenta un altro affascinante dettaglio: un intarsio piatto riempito con  oro che riproporrebbe la disposizione delle tre stelle della Cintura di Orione.
Inoltre, sempre sulla base, sono incisi cinque simboli che secondo il professor Kurt Schildmann (1909-2005), uno dei linguisti più esperti al mondo e presidente dell’Associazione Linguistica Tedesca, sarebbero caratteri dell’alfabeto pre-sanscrito, una lingua molto più antica del sanscrito, di cui sarebbe la matrice.




Il professor Schildmann è riuscito a decifrare la scrittura, ottenendo questa traduzione: “Il Figlio del Creatore viene da qui…”
Molte antiche pietre e manufatti in terracotta presentano la stessa scrittura, nonostante siano stati scoperti nei più disparati angoli della terra: Ecuador, Colombia, Illinois, Francia, Malta, Australia e Italia.



Forse possiamo collegare questi manufatti (balzano all'occhio le coppe-Graal ed il loro numero 12 + 1) alla figura di un Messia Universale? La traduzione del Professor Schildman è sicuramente emblematica in tal proposito. Questi reperti mi portano indubbiamente ad ampliare il raggio delle ricerche e delle considerazioni in proposito di un MESSIA ALLOGENO... (MLR).

pre-sanscrito:

«Questo significa che un tempo questa scrittura esisteva in tutto il mondo, e questo significa che ci deve essere stata una grande civiltà globale più antica del sanscrito, precedente ai 6 mila anni fa», commenta Dona. «Il professor Schildmann mi disse che questa scrittura somiglia alla scrittura dell’Indo e a quella trovata sull’Isola di Pasqua. Come lui stesso mi spiegò, è una lingua più antica del sanscrito. Fu lui a battezzarla “pre-sanscrito”».
L’artefatto di La Manà davvero potrebbe essere il più grande segreto mai scoperto, il quale suscita una serie di domande inquietanti: chi è il “Figlio del Creatore”? Veniva da Orione?  esisteva molto molto anticamente la conoscenza perduta di un "Messia Universale" ? Perchè i massoni utilizzano la Piramide Nera come loro icona? C’è un legame che travalica i millenni tra gli dèi che governavano il mondo, Atlantide e i componenti della setta degli Illuminati? Chi sono i discendenti degli “dèi” che (forse) ancora governano o controllano (?) il mondo dietro le quinte?

Fonti:


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venerdì 13 marzo 2015

LA SCOMPARSA DELL'ACQUA SU MARTE


SEGNALATO DAL  DR. MIGUEL LUNETTA (ASTROFISICO)

UNO STUDIO SU SCIENCE
La scomparsa dell’acqua su Marte


MEDIA INAF: NOTIZIARIO ON LINE DELL’ISTITUO NAZIONALE DI ASTROFISICA

Ricercatori della NASA hanno realizzato una serie di mappe uniche della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana da cui emergono nuovi indizi su quello che doveva essere l'oceano primitivo del pianeta rosso. I risultati suggeriscono che circa 4,5 miliardi di anni fa Marte aveva abbastanza acqua tale da coprire almeno il 20% della sua superficie e che poi è andata persa nello spazio nel corso del tempo geologico. Questo lavoro permette di comprendere meglio la storia evolutiva dell'acqua su Marte e fornisce uno strumento di indagine utile per identificare potenziali depositi d'acqua sotterranei

di Corrado Ruscica  

Raffigurazione artistica, basata su dati geologici, di come doveva apparire un tempo Marte e i suoi oceani.

Una serie di mappe della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana, realizzate da un gruppo di ricercatori della NASA guidati da Geronimo Villanueva grazie ad alcuni tra i maggiori telescopi terrestri, hanno permesso di determinare che su Marte esisteva un oceano primitivo caratterizzato da un volume d’acqua di almeno 20 milioni di chilometri cubi, superiore rispetto a quello dell’Oceano Artico qui sulla Terra, e che poi nel corso del tempo l’87% è finito nello spazio. Da giovane, il pianeta avrebbe avuto abbastanza acqua da coprire l’intera superficie formando uno strato liquido profondo circa 137 metri. Non solo, ma l’acqua avrebbe inoltre formato un oceano occupando quasi metà dell’emisfero nord e raggiungendo in alcune regioni delle profondità maggiori di qualche chilometro. «Il nostro studio fornisce una stima solida di quello che era il contenuto d’acqua su Marte», spiega Villanova, autore principale dell’articolo pubblicato su Science. «Questo lavoro permette di comprendere meglio la storia evolutiva dell’acqua sul pianeta rosso». Le osservazioni condotte dai ricercatori si basano su una serie di misure dettagliate di due composti leggermente differenti dell’acqua presente nell’atmosfera marziana: uno è quello a noi familiare, cioè l’H2O, mentre l’altro è una forma isotopica (HDO, acqua pesante), in cui un atomo di idrogeno viene sostituito dalla versione più pesante chiamata deuterio. Per far questo, gli scienziati hanno raccolto i dati durante un periodo di sette anni, dal 2008 al 2014, utilizzando gli spettrometri ad alta risoluzione, quali CRIRES, NIRSPEC e CSHELL che sono installati rispettivamente presso il Very Large Telescope (VLT), il telescopio Keck e l’InfraRed Telescope Facility (IRTF). Confrontando il rapporto HDO/H2O, gli scienziati sono stati in grado di determinarne la concentrazione e perciò di stimare quanta acqua è andata persa nello spazio nel corso della vita del pianeta. Le mappe della distribuzione atmosferica dell’acqua marziana, che sono le prime di questo tipo, mostrano come varia il contenuto dell’acqua ordinaria e della sua controparte isotopica in funzione della stagione e della regione marziana, nonostante oggi il pianeta rosso sia sostanzialmente un deserto e un ambiente ostile. In particolare, i ricercatori si sono interessati alle regioni in prossimità dei poli poichè le calotte polari di ghiaccio costituiscono i principali depositi d’acqua noti. Si ritiene, infatti, che le calotte polari rappresentino una sorta di archivio storico dell’acqua marziana a partire da 4,5 – 3,6 miliardi di anni fa, quando dovevano essere presenti copiosi bacini d’acqua sotterranei.

La figura illustra le mappe HDO e H2O e il loro rapporto D/H per 4 stagioni marziane. Le mappe D/H (pannello superiore) sono state ottenute suddividendo le abbondanze di HDO e H2O derivate dalle mappe delle singole specie (pannello inferiore) e sono presentate relativamente al valore di D/H degli oceani terrestri (VSMOW). Credit: Science/Villanueva et al. 2015

Il risultato più importante che emerge da questo studio è che le nuove mappe rivelano una notevole concentrazione di deuterio rispetto ai valori medi su scala globale le cui osservazioni indicavano dei rapporti tra l’acqua pesante e quella ordinaria D/H pari a 5-6, così come definito secondo glistandard VSMOW (Vienna Standard Mean Ocean Water). Infatti, i ricercatori hanno trovato dei valori di D/H più elevati in prossimità delle regioni polari, anche 7 volte superiore rispetto a quanto si misura nel caso degli oceani terrestri. In altre parole, i risultati suggeriscono che circa 4,5 miliardi di anni fa Marte possedeva abbastanza acqua tale da coprire almeno il 20% della sua superficie(per confronto l’Oceano Atlantico occupa il 17% della superficie terrestre). Ciò implica che il pianeta debba aver perso un volume d’acqua pari a 6,5 volte maggiore di quello presente attualmente nelle calotte polari per giustificare un rapporto D/H così elevato. Inoltre, anche le grandi variazioni dell’inclinazione dell’asse subite da Marte ad intervalli di milioni di anni avrebbero causato la vaporizzazione e la successiva formazione dei principali depositi di ghiaccio, un processo che, secondo gli autori, avrebbe rimescolato l’acqua da diversi bacini ad intervalli regolari. Se ciò è vero, quasi tutti i bacini d’acqua superficiali e polari dovrebbero avere un rapporto D/H relativamente eguale. Ma poiché vengono osservati dei valori ancora più elevati (fino a 9-10) in alcune regioni, questo rimescolamento dell’acqua potrebbe suggerire che gli attuali depositi d’acqua su Marte contengano un rapporto ancora più elevato di quanto ipotizzato, un processo che potrebbe implicare una stima maggiore della perdita di acqua nel corso della vita del pianeta.

La figura illustra la concentrazione isotopica come evidenza della perdita globale di acqua su Marte. La quantità d’acqua iniziale era maggiore di quella attuale di almeno un fattore 6,5. Inoltre, il contenuto dell’acqua presente 4,5 miliardi di anni fa era tale da coprire il 20% della superficie del pianeta rosso. Credit: Science/Villanueva et al. 2015

Dunque, le mappe D/H evidenziano l’importanza delle misure isotopiche relative al pianeta rosso anche perchè sono state ottenute in modo tale da separare gli effetti climatologici da quelli evoluzionistici (sia in termini spaziali che temporali). Questo studio permette non solo di stimare in maniera più accurata l’attuale rapporto D/H dei bacini d’acqua su Marte ma permette anche di migliorare sia la stima della quantità d’acqua che è andata persa su tempi scala geologici che la stima dell’acqua “mancante” che potrebbe risiedere nei depositi ancora da esplorare. Infatti, per tener conto dei depositi d’acqua, i ricercatori hanno proposto diverse soluzioni: esse vanno dai depositi polari stratificati, alle regoliti ricche di ghiaccio presenti a latitudini intermedie, dai bacini superficiali presenti a latitudini più elevate ai depositi di acqua sotterranea, così come è stato desunto dalle osservazioni satellitari. «Il fatto che Marte abbia perso tanta acqua indica che il pianeta abbia ospitato per lunghi periodi condizioni favorevoli per lo sviluppo della vita», aggiunge Michael Mumma della NASA e co-autore dello studio. Insomma, è possibile che il pianeta rosso abbia avuto ancora più acqua nel passato e che parte di essa sia successivamente finita sotto la superficie. Dato che queste nuove mappe rivelano la presenza di una serie di microclimi e variazioni nel contenuto atmosferico dell’acqua nel corso del tempo, esse potrebbero fornire uno strumento di indagine utile per identificare potenziali bacini d’acqua nella superficie marziana. Infine, stime più realistiche della distribuzione dei composti dell’acqua riferiti ad epoche attuali e più antiche potrebbero essere realizzate, ad esempio, dalla missione MAVEN della NASA in modo da definire meglio il contenuto d’acqua di Marte sia di oggi che del passato.  



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mercoledì 11 marzo 2015

CANNETO DI CARONIA: IL MISTERO RIMANE ...


Del Dr. Giorgio Pattera (giornalista e biologo)

A Canneto Di Caronia alcuni membri della famiglia Pezzino sono nei guai, con l'accusa di aver provocato alcuni incendi, fatti poi passare come misteriosi: la stupidità umana e la sete di denaro vanno sempre in coppia e non moriranno mai... I media già urlano la tranquillizzante litania del "mistero risolto"... Ecco perché non si è risolto affatto il mistero di Caronia.

"...BISOGNA SAPER ASCOLTARE ATTENTAMENTE !!! Il Procuratore della Repubblica, nel Tg1 delle 13.30, ha SPECIFICATO che il reato e gli autori dello stesso si riferiscono ESCLUSIVAMENTE agli incendi della scorsa estate, mentre restano di matrice SCONOSCIUTA ed INSOLUTI TUTTI gli episodi precedenti. Incredibile ma vero, i GIORNALAI del servizio pubblico, pagati da noi col canone, hanno voluto (o dovuto?) distinguere le cose. Cosa che, evidentemente, i GIORNALAI residui (quelli cartacei, forse perché, non vendendo più, temono di perdere il posto, se non vendono - ai dementi - dieci copie in più) non hanno ritenuto fare, in barba all'ETICA PROFESSIONALE ed ONESTA' INTELLETTUALE: ma, non avendo dignità e rispetto nemmeno per sé stessi...

E' esattamente quello che succede nei casi di CONTATTATI/ADDOTTI UFO: il primo episodio è sicuramente reale; poi, siccome nessuno ci crede ed i malcapitati protagonisti vengono regolarmente dileggiati, questi cercano di "rinforzare" il fenomeno, "aggiungendo" del proprio alla verità iniziale (il cosiddetto "mouchoir brodé" alla francese...). Così, quando viene scoperta la "forzatura", TUTTO ciò che di VERO è avvenuto in precedenza, viene vanificato... Ed in questo è maestra proprio la famigerata C.I.A., che impiega da sempre la tecnica di mescolare una verità ed un artefatto all'interno della stessa informazione. Di conseguenza, quando qualcuno "sventola" la verità ("... lo ha detto persino la CIA !..."), i soliti detrattori, a libro paga dell'unica Agenzia al mondo che non deve render conto nemmeno al Presidente degli USA, "sventolano" a loro volta l'artefatto, annullando così anche la verità-vera associata alla notizia originale, per la serie: se è falsa l'una, è falsa anche l'altra. Meditate, gente, meditate...!".

Giorgio Pattera

Per aiutare le migliaia di abitanti di Caronia dal disastro che si è abbattuto sulla loro immagine e reputazione, se volete, fate conoscere l'articolo linkato qui sotto:

http://www.ansuitalia.it/Sito/index.php?mod=read&id=1425644097



CARRELLATA DI FOTO RELATIVE AI FENOMENI INSPIEGABILI CHE ACCADONO...
E CHE SICURAMENTE NON DIPENDONO DALLA VOLONTA' DEGLI ABITANTI DI CARONIA:







 LEGGI L'ARTICOLO AL LINK SOTTOSTANTE PER NON CADERE NELL'INGANNO DELLA STAMPA ASSERVITA ALLA FALSITA' DELLE ISTITUZIONI "MALATE".




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